La firma dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea non è stata così “imminente” come era stato annunciato e il dilatarsi dei tempi apre lo spazio a domande e indiscrezioni. La notizia, rimbalzata da Andorra, secondo cui a ritardare i lavori sarebbe stata l’Italia per “colpa” di San Marino, è una di queste. Senza creare un caso diplomatico, si potrebbe insinuare il dubbio, di contro, che il tema della finanza riguardi anche e forse più Andorra, la cui economia di fatto si basa fortemente su questo settore oltre che commercio e turismo, mentre San Marino ha una ricca varietà di settori, compresa la manifattura che il Principato non ha, eccezion fatta per sigari e sigarette. Detto ciò, però, non si può dimenticare il fatto che da Roma, sponda Banca d’Italia, avessero avanzato in tempi non sospetti l’idea di gestire loro la vigilanza di San Marino. Ma la trattativa con la Commissione europea ha portato a un altro tipo di soluzione, ovvero che sarà una vigilanza ibrida, concordata dalle autorità europee e quelle dei due piccoli Stati. L’Italia, come tutti i Paesi membri, può avanzare tutte le osservazioni che vuole, ma per arrivare alla riapertura delle trattative ce ne vuole. Quello che è stato trattato, salvo sorprese, resta quello che conosciamo tutti. L’Italia se ne farà una ragione, insomma. Oppure dovrà uscire allo scoperto ed esplicitare la sua contrarietà. Cosa peraltro abbastanza incredibile dopo il placet di Mattarella a una cooperazione sempre più forte. Si dovranno fidare. Non di San Marino, però, ma dell’Unione Europea che ha fatto l’Accordo. A San Marino il compito di meritarla questa fiducia, dell’Italia e dell’Europa.
Editoriale: UE e Italia, questione di fiducia
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