Home Notizie del Giorno Visto per voi al Teatro Sociale di Novafeltria: “Ariel” dei Patalò

Visto per voi al Teatro Sociale di Novafeltria: “Ariel” dei Patalò

da Alessandro Carli

L’allestimento site-specific di “Ariel” per la platea e il palcoscenico del Teatro Sociale di Novafeltria – allestimento andato in scena sabato 8 febbraio – significa, sulla carta, che lo spettacolo non è “esattamente” replicabile altrove. Ergo, la recensione diventa anch’essa site-specific (poco male perché esiste una forma di unicità anche nelle parole).

“Ariel” di Teatro Patalò (foto: Dorin Mihai) è un viaggio per gli occhi e per l’ascolto: al centro è posizionata – c’è anche se non si vede – la poetessa Sylvia Plath. O meglio, la sua poetica. Un verbo che in scena si fa gesto (meraviglioso l’assolo eseguito da Luca Serrani) singolare, plurimo, coinvolgente. La scelta degli spazi – la platea vuota, il palco “tradizionale” che diventa un luogo “alto e altro” dove vengono eseguite le musica (Davide Tura e Ulyana Skoroplyas) –accompagna il pubblico in un continuo spostamento dello sguardo: è Isadora Angelini, deus ex machina della mise en scene – a dettare, attraverso la voce, i ritmi. Lo spettacolo, 55 minuti in tutto, è il racconto di un’attesa che alla fine si compie: quella della nascita, della maternità, della violenza del parto, della gioia e della inconsapevolezza.

Un racconto poetico per quadri e immagini che – fortunatamente – si svolge non in forma di reading (il rischio poteva esserci visto che “Ariel” di Sylvia Plath è una raccolta di poesie) ma di dramma per voce, corpi e musica. Un lavoro che funziona, che “arriva” al pubblico non come un sussurro come un urlo.  

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