I lavori del Consiglio Grande e Generale ripartono dal comma 14, con l’esame del Progetto di legge di iniziativa popolare “Disciplina delle alienabilità e concessioni dei terreni di proprietà pubblica” (presentato dal Sig. Davide Forcellini ed altri).
Scopo della proposta è quella di “uniformare la procedura delle concessioni sui terreni non agricoli a quella prevista per le alienabilità e definita dall’attuale legge 21 Gennaio 2004, n.6. Tale uniformità vuole essere un elemento tutelante per i terreni di proprietà pubblica, considerando che non solo l’alienazione, ma anche la cessione a soggetti privati attraverso delibere di concessione ne annulla la natura di bene comune e ne può inficiare la libera fruizione da parte della popolazione. La legge intende inoltre ristabilire un equilibrio democratico tra la funzione di indirizzo politico che spetta al Consiglio Grande e Generale, in quanto compresa all’interno del potere legislativo di competenza degli organi parlamentari, e il potere esecutivo che invece è a capo degli organi di governo e dunque del Congresso di Stato. In questo senso, il progetto di Legge definisce che sia il Consiglio Grande e Generale a maggioranza qualificata a gestire sia le alienazioni sia le concessioni di terreni pubblici siti in zona urbanistica diverse dalla zona E (zona agricola), in base alla legge 29 Gennaio, 1992 (PRG)”
Interviene il Segretario di Stato Matteo Ciacci: “Ringrazio i proponenti del progetto di legge. Credo che questo progetto di legge portato avanti come iniziativa popolare ci fornisca e ci dia la possibilità di compiere un ragionamento ampio sulle politiche del territorio e non solo. Secondo me è un forte stimolo perché credo che in questo articolato – specialmente quello che riguarda le concessioni d’uso – ci spinge a porci degli interrogativi. Se un progetto è buono, non sempre ci deve essere una contrapposizione tra maggioranza e opposizione. Credo di poter raccogliere questo stimolo per approfondirlo anche in Commissione. C’è la necessità di avere un equilibrio specialmente per quanto riguarda il nostro territorio che è limitato. Non scandalizza la concessione con l’impegno di riqualificare un’area poi concessa. Ma non mi scandalizza d’altro canto un percorso ragionevole per cui, su determinate aree, investimenti o anni di concessione, si possa prevedere il vaglio del Consiglio Grande e Generale. Con equilibrio e attenzione alla salvaguardia del territorio, l’analisi di questo progetto di legge può essere presa in esame, tenendo in considerazione le aree strategiche e gli eventuali impatti”.
“Credo sia importante stabilire dei vincoli precisi per cui si possa dare in concessione un terreno e sono d’accordo sul fatto che la concessione per un determinato numero di anni passi in Consiglio Grande e Generale con una ampia maggioranza” dice Tommaso Rossini (PSD). “Il progetto di legge va a colmare un vuoto nella nostra legislazione – osserva Matteo Casali (RF) -. La nostra proposta è quella di trovare una misura: arrivare con un testo unico a disciplinare alienazioni e concessioni, con tre pilastri sulla concessione basati su metratura, tempi e peculiarità dei luoghi”. Per Fabio Righi (D-ML) ci sono delle declinazioni pratiche: bisognerà capire come contemperare i tempi dell’Aula con le esigenze delle imprese e dei cittadini. Serve però un piano regolatore generale: mettete immediatamente in cantiere questo tema perché è un atto fondamentale per l’applicazione di questa normativa”. Secondo Maria Luisa Berti (AR) “la ratio è condivisibile, ma sarà opportuno valutare alcuni aggiustamenti. A cominciare dall’esigenza di compiere una ricognizione, un censimento dei terreni non agricoli che possono essere interessati”. Afferma Giovanni Zonzini (Rete): “Il principio è assolutamente condivisibile e rientra nella gestione democratica delle aree pubbliche. Aree pubbliche non più intese dunque come uno strumento per distribuire prebende, ma come un bene che la collettività può decidere di impiegare per il proprio benessere collettivo”.
Concluso il dibattito attorno al comma 14, si passa al comma 15 “Progetto di legge di iniziativa popolare “Diritto all’oblio oncologico” (presentato dalla Sig.ra Maria Selva ed altri per l’Associazione Oncologica Sammarinese). Spiegano i proponenti: “Come è noto, una significativa percentuale di persone che si si sono ammalate di cancro, dopo un durissimo percorso di cura, viene ufficialmente dichiarato guarito. Occorre però sottolineare che, fra i cosiddetti effetti collaterali della malattia, che permangono anche in esito ad una diagnosi di guarigione, si manifestano, in taluni ambiti, gravi atti discriminatori, ed accade così che chi ha avuto una diagnosi di malattia oncologica nel passato si venda negare diritti e servizi, dal momento che alcune pratiche contrattuali consentono di indagare sullo stato di salute del soggetto istante. Gli ex malati oncologici possono quindi incorrere in discriminazioni nel proprio percorso lavorativo, quando devono chiedere mutui o prestiti e stipulare polizze assicurative o, peggio ancora, nel percorso di adozione di un minore. Al calvario della malattia si aggiunge quindi il calvario della discriminazione. E’ quindi fondamentale che lo Stato garantisca a coloro che sono guariti dalla malattia il cosiddetto diritto all’oblio, in base al quale non si è tenuti a dichiarare la pregressa patologia, trascorso un dato tempo dalla diagnosi e dalla conclusione delle terapie. La maggior parte degli stati Europei, compresa l’Italia, si sono già dotati della normativa sul diritto all’oblio oncologico. Dal punto di vista giuridico il diritto all’oblio oncologico rientra negli obiettivi e programmi da attuarsi mediante il Piano europeo di lotta contro il cancro, emanato dalla Commissione Europea a seguito delle disfunzioni verificatesi negli stati membri durante la pandemia, nell’attività di prevenzione e controllo oncologico”.
Prende la parola il Segretario di Stato Mariella Mularoni: “Accogliamo con favore questo progetto di legge di iniziativa popolare. L’esclusione di persone guarite dal cancro da alcuni servizi sociali è un tema ancora inesplorato. Lo stigma costituisce una discriminazione sociale che permane per tutta la vita anche in chi ha superato la malattia ed è dovere della politica non rimanere indifferente di fronte a questa problematica”. Aggiunge Andrea Ugolini (PDCS): “Ancora una volta l’Associazione oncologica dimostra la propria vicinanza ai pazienti. Ci sono persone guarite che però si sentono discriminate in ambito sociale, lavorativo, finanziario. L’Unione europea fornisce indicazioni precise in questo senso”. Apprezzamenti bipartisan arrivano da tutte le forze politiche presenti in Aula. Per Miriam Farinelli (RF): “Non sono mai abbastanza i ringraziamenti all’Associazione oncologica per avere portato in Aula questo progetto di legge”. Da alcune forze politiche, su sollecitazione di Giovanni Zonzini (Rete), viene invocata la possibilità di procedere per il tramite della procedura d’urgenza.
Askanews