Con il Decreto legislativo 27 dicembre 2023, n 209, l’Italia ha modificato la propria normativa interna riguardante la definizione di “residenza fiscale”, ampliando di fatto la platea delle persone fisiche che potrebbero venire chiamate dall’Agenzia delle Entrate a corrispondere quanto dovuto al fisco, soprattutto tra coloro che hanno formalmente una residenza all’estero, ma hanno il “centro degli interessi vitali” nel Belpaese.
La Circolare 20/E dell’Agenzia delle Entrate pubblicata nei giorni scorsi, che spiega precisamente come verranno applicati questi nuovi criteri, non è arrivata come un fulmine a ciel sereno, ma rischia di avere un impatto enorme a San Marino. Non tanto per la modifica dei criteri precedenti, che erano già stati in parte superati dalla giurisprudenza (Cassazione e linee guida OCSE), ma per il nuovo criterio della presenza fisica in territorio italiano, anche per frazioni di anno: per uno Stato enclave dell’Italia come lo è San Marino, quindi non autonomo dal punto di vista di servizi e mobilità, significa che potenzialmente tutti i suoi residenti potrebbero venire identificati come fiscalmente residenti in Italia, e conseguentemente venire chiamati a versare le tasse in detto Paese. “Si potrebbero creare migliaia di casi di dual residence”, spiega Fabrizio Cremoni, consulente fiscale di ANIS, “per i quali comunque, come previsto anche dalla norma italiana, vige la Convenzione tra Italia e San Marino per evitare la doppia imposizione, che è prevalente rispetto alla normativa nazionale. Si dovrebbe quindi attivare la verifica delle tie breaker rules e, in mancanza di esito positivo, aprire una procedura amichevole (MAP) per ogni singolo caso e sottostare alle tempistiche delle stesse. Si tratta di un rischio reale e, soprattutto, in contrasto con l’obiettivo del legislatore italiano di dare maggiore certezza giuridica e ridurre i contenziosi. Per questo è auspicabile che i due Stati, in forza di una Convenzione vigente, trovino quanto prima una soluzione specifica e snella per quanti risiedono a San Marino e dovessero venire identificati come residenti fiscali in Italia. Anche perché come chiarisce la stessa Circolare 20/E, non è possibile agire preventivamente tramite interpello”.
Anche per quanto riguarda le persone giuridiche, quindi le società, il Decreto legislativo 27 dicembre 2023, n 209 ha apportato alcune modifiche, ma dovrebbero avere un impatto inferiore, essendo in gran parte già “assorbite” in ambito convenzionale e giurisprudenziale. Sul prossimo numero di Fixing pubblicheremo un approfondimento in merito a questi aspetti.
I NUOVI CRITERI PER LE PERSONE FISICHE
“Fino alla fine del 2023”, spiega Cremoni, “i criteri adottati dall’Agenzia delle Entrate e previsti dall’art. 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) erano tre e alternativi tra loro, quindi la verifica di anche solo uno di essi legittimava l’Amministrazione finanziaria a considerare il soggetto fiscalmente residente in Italia. L’iscrizione del cittadino all’Anagrafe dei residenti era considerato elemento di presunzione assoluta, mentre gli altri due criteri erano la residenza e il domicilio in base all’art. 43 del Codice Civile, considerando la prima come dimora abituale, mentre il secondo la sede principale degli affari ed interessi (concetto economico). Con la nuova normativa introdotta dal citato Decreto legislativo – che ha dato attuazione alla cosiddetta “Legge Delega”, la numero 111 del 9 agosto 2023 – le ipotesi non solo vengono modificate, ma diventano quattro. Innanzitutto, l’iscrizione anagrafica diventa motivo di presunzione relativa e non più assoluta, mentre la definizione di domicilio viene slegata dal senso civilistico e identificata con “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”, come del resto avevano già evidenziato diversi interventi della Cassazione. Di fatto”, spiega quindi Cremoni, “anche dal punto di vista normativo, gli interessi personali e familiari diventano fondamentali per identificare il domicilio fiscale rispetto agli interessi economici richiamati dal Codice Civile”.
LA PRESENZA FISICA SUL TERRITORIO
“Ma la novità principale e con impatto più evidente per San Marino”, prosegue l’esperto fiscale di ANIS, “è rappresentata dal criterio di radicamento della residenza fiscale basato sulla presenza in Italia per la maggior parte del periodo di imposta, ovvero per 184 giorni e considerando anche le frazioni di giorni e anno, quindi anche un’ora viene conteggiata come un giorno, mentre dormire una notte in Italia viene conteggiata come due giorni”. “Si tratta di un criterio oggettivo”, si legge nella Circolare 20/E, “il quale richiede esclusivamente la presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato italiano, a prescindere dalle motivazioni di tale presenza e senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri. Le circostanze in cui può verificarsi il criterio in esame sono pertanto varie”, ammette la stessa Agenzia delle Entrate. “Si pensi, ad esempio, alla persona fisica che trascorra in Italia la maggior parte del periodo d’imposta, anche se in modalità frazionata, per vacanza, o per motivi di studio, oppure per far visita ad amici o parenti. Ancora, si pensi al caso di chi viene a svolgere la propria attività lavorativa – sia essa di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa – nel territorio del nostro Stato, pur mantenendo la residenza (anche a fini anagrafici), la famiglia e ogni altro legame affettivo e personale all’estero. In tali casi, come anticipato, ai fini del radicamento della residenza fiscale in Italia non sarà più necessario che il soggetto soddisfi il requisito della residenza civilistica o del domicilio o dell’iscrizione anagrafica: con le modifiche apportate dal Decreto, infatti, è considerata condizione sufficiente la semplice presenza fisica nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta. Ciò premesso, si osserva che, trattandosi di un dato meramente fattuale, la presenza fisica può essere riscontrata in base a elementi che attestano la materiale permanenza nel territorio dello Stato, anche non continuativa, per un preciso numero di giorni o frazioni di giorno”.
POTENZIALMENTE TUTTI CASI DI “DUAL RESIDENCE”
“Questo si traduce per chiunque risieda a San Marino”, commenta Cremoni, “in un potenziale caso di residenza fiscale in Italia, perché giocoforza qualsiasi attività lo porti ad attraversare il confine, da quelle lavorative a quelle personali, ludiche, sportive, sanitarie o commerciali, si trasformerebbe in un giorno di presenza sul territorio italiano. Chiaramente gli elementi a supporto delle eventuali azioni dell’Agenzia delle Entrate dovranno essere fattuali, ma tenuto conto della tracciabilità dei pagamenti, delle utenze domestiche o anche delle semplici iscrizioni ad associazioni culturali o sportive, tali elementi sono facilmente riscontrabili. Essendo San Marino una enclave dell’Italia, senza dogane né confini fisici e un’osmosi quotidiana di persone, legami e commerci, potrebbe portare a migliaia di segnalazioni, contenziosi e procedure amichevoli”. Questo perché “esiste comunque una Convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni e dirimere le eventuali situazioni di dual residence”, spiega l’esperto fiscale di ANIS, “ma introducendo questo nuovo criterio, si pone una questione procedurale, perché le tie breaker rules potrebbero non essere sufficienti a dirimere le questioni. Il comma 2 dell’art. 4 della Convenzione indica infatti come criterio prevalente l’abitazione permanente, poi le relazioni personali e gli interessi economici (centro degli interessi vitali), poi il luogo dove si soggiorna abitualmente e in ultima istanza la nazionalità. Nei rapporti tra Italia e San Marino, situazioni in cui le tie breaker rules non siano dirimenti possono riguardare numerosi casi, pertanto si potrebbe verificare il ricorso alla procedura amichevole (MAP-Mutual Agreement Procedure) prevista dall’art. 25 della Convenzione, dove i due Stati dovranno decidere case by case su quale sia la residenza fiscale. Inoltre”, ricorda Cremoni, “tali norme italiane sono già in vigore per l’anno fiscale 2024, per cui, in assenza di un chiarimento tra i due Stati e un eventuale intervento volto a snellire queste procedure, il numero potenziale di persone fisiche residenti a San Marino che saranno oggetto di verifiche potrebbe essere molto alto”.
IL CASO DEI FRONTALIERI SAMMARINESI
L’altro elemento di preoccupazione riguarda i residenti sammarinesi che lavorano in Italia, i cosiddetti “frontalieri al contrario”. La Circolare 20/E dedica un capitolo alla questione, ammettendo che “le novità introdotte dal Decreto possono dar vita a fattispecie inedite di conflitto sulla residenza, che richiederanno di essere risolte mediante l’applicazione delle tie breaker rules. Un caso che viene in rilievo è quello dei lavoratori dipendenti residenti in uno Stato confinante con l’Italia che, quotidianamente, varcano la frontiera tra i due Paesi per venire a svolgere la propria attività lavorativa nel nostro Stato. In base al nuovo criterio della presenza fisica, per la cui configurazione rilevano anche le frazioni di giorno, è possibile che tali soggetti, essendo spesso presenti in Italia nella maggior parte dei giorni dell’anno (anche se solo per una frazione degli stessi), finiscano col radicare la loro residenza fiscale nel nostro Stato”. Per cui “in una tale ipotesi, appare opportuno chiarire che, qualora i lavoratori in discorso dovessero qualificarsi come fiscalmente residenti anche nello Stato di provenienza ai sensi della relativa normativa interna, il conflitto di residenza con l’Italia potrà essere risolto facendo applicazione delle tie breaker rules contenute nella Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa dal nostro Stato. Ciò vale anche nelle ipotesi in cui la Convenzione contro le doppie imposizioni in essere tra l’Italia e lo Stato di provenienza del lavoratore non regolamenti espressamente la tassazione del lavoro dei c.d. frontalieri, come avviene ad esempio per la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Slovenia. Si ritiene infatti che, nell’ipotesi in cui un soggetto fiscalmente residente in Slovenia, per il fatto di venire a svolgere quotidianamente la propria attività di lavoro dipendente in Italia, acquisisca la residenza fiscale anche del nostro Paese, il conflitto di norme sulla residenza possa essere risolto facendo ricorso alle tie breaker rules di cui all’articolo 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e la Slovenia fatta a Lubiana l’11 settembre 2001. Le tie breaker rules possono essere utilizzate anche per dirimere i conflitti di residenza derivanti dall’applicazione della presunzione legale relativa concernente i soggetti iscritti nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta. Ciò, sempre che sussista una attribuzione simultanea della residenza fiscale alla medesima persona sia in base alla normativa italiana (in virtù dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente), sia in base alla normativa interna di uno Stato con cui l’Italia ha in essere una Convenzione contro le doppie imposizioni”.
“Anche in questo caso, quindi”, avverte Cremoni, “potrebbero crearsi tanti casi di dual residence, con le conseguenti procedure per dirimere quali delle due amministrazioni fiscali abbia effettivamente il diritto di considerare la persona fisica un proprio residente”.
CASI ESEMPIO
Nella Circolare 20/E del 2024 l’Agenzia delle Entrate entra nel merito anche di alcuni casi esempio che potrebbero configurarsi anche a San Marino.
Iscritto all’AIRE ma con casa in Italia “Al fine di valutare la configurazione del domicilio di una persona nel nostro Stato, occorre, quindi, operare una verifica che tenga conto delle circostanze sopra menzionate, non tralasciando, tuttavia, di considerare anche le condotte con le quali una persona manifesti con atti concreti la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano. Si pensi, ad esempio, al caso di una persona che si iscrive nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (“AIRE”) e inizia a lavorare all’estero, ma mantiene a propria disposizione, a qualunque titolo, una casa in Italia, lasciandovi attive le relative utenze, nella quale continua a rientrare nei fine settimana e dove trascorre alcuni periodi di astensione dal lavoro. Tali circostanze possono rappresentare elementi sintomatici del mantenimento di un legame stretto con il nostro Stato e potrebbero dar luogo alla configurazione del domicilio nel nostro Paese. Si tratta, evidentemente, di valutazioni da condurre caso per caso, sulla base di elementi fattuali, tenuto conto della varietà di fattispecie che possono concretamente verificarsi e della molteplicità degli elementi che, nelle differenti situazioni, possono essere presi in considerazione”.
Familiari in Italia e all’estero “Va, altresì, tenuto conto che la crescente mobilità delle persone fisiche può rendere più complessa l’individuazione della residenza, laddove i medesimi criteri si verifichino in Stati differenti. Si pensi, ad esempio, al caso in cui, senza integrare alcun ulteriore requisito di residenza ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR, Tizio mantenga contemporaneamente in Italia e nello Stato Beta un’abitazione di proprietà. Nell’abitazione italiana sono presenti i figli di Tizio, nati da un primo matrimonio, mentre nella casa situata nello Stato Beta vive l’attuale coniuge di Tizio. Quest’ultimo lavora ordinariamente in Italia, si reca frequentemente in vari Paesi per viaggi professionali nonché nello Stato Beta durante i fine settimana e i periodi di astensione dal lavoro. Durante l’anno, Tizio permane mediamente 145 giorni in Italia, 120 giorni nello Stato Beta e 100 giorni in altri Paesi. In una fattispecie come quella descritta, non è immediata l’individuazione dello Stato in cui si concentrano le relazioni personali e familiari, che potrebbero essere equivalenti in entrambi i Paesi (avendo Tizio i figli in Italia e la moglie nello Stato Beta). In tal caso, si ritiene che un utile criterio possa essere individuato nel periodo di permanenza fisica sul territorio dello Stato. Nella fattispecie in esame, quindi, Tizio risulterebbe residente in Italia”.