Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “Non sentire il male” di Elena Bucci

Visto per voi a teatro: “Non sentire il male” di Elena Bucci

da Alessandro Carli

Elena Bucci è Eleonora Duse. Lo è da quasi 25 anni, da quando ha portato a debutto “Non sentire il male” (e visto per la prima volta, da chi scrive, oltre 20 anni fa al Teatro del Mare di Riccione), meraviglioso assolo – ieri come oggi – che dà voce e corpo all’intimità della Divina.

La storica ricorrenza – sono 100 anni esatti che la Duse riposa ad Asolo (lasciò scritto di voler essere seppellita rivolta verso il Monte Grappa per amore dell’Italia e dei soldati che aveva assistito durante la Prima Guerra mondiale) – è il pre-testo che, alla fine della mise en scene, lascia negli occhi e nella mente due conferme: il cristallino talento di Elena e la qualità dell’operazione, quindi del testo scenico e drammaturgico, ancora attualissimo e capace di superare di slancio l’età “teatrale” dello spettacolo.

Pirandelliano nell’accezione dell’elemento che dà l’avvio alle parole (il racconto della malattia, la presenza-assenza dell’amica Matilde Serao, lo snocciolamento delle parti e dei copioni che in vita ha recitato, gli amori clandestini, l’affronto che le ha fatto Gabriele D’Annunzio quando nella “Figlia di Iorio” l’ha sostituita con Irma Gramatica), l’assolo è, nei fatti, un intensissimo “spogliamento”: spogliamento della maschera, ovviamente, ma anche degli abiti di scena e quindi una ricerca dell’essenza più essenziale, la libertà del cuore.

Ispirato, nel titolo, a un frammento lirico di Gaspara Stampa (“Viver ardendo e non sentire il male”), lo spettacolo – passato sulle assi del Teatro Titano il 12 novembre – è, a tutti gli effetti, un grande e importante lavoro di “filologia teatrale”: allestimento minimalista – fondale tagliato in due parti con al centro uno squarcio che funge da entrata, un tavolino e una sedia ricoperti da due teli bianchi, luci che sapientemente e con estrema precisione disegnano lo spazio – per una storia non recitata ma interpretata magistralmente da Elena che, sul palco, ricorda e soprattutto “mostra” l’importanza degli anni di formazione vissuti con Leo de Berardinis. In poco più di un’ora la Bucci esegue una lectio magistralis sull’arte della recitazione teatro: si rivolge ad uno specchio immaginato, invisibile, posizionato davanti a lei (quindi esattamente dove viene posizionata la quarta parete) che “buca”, trapassa il “velo” per rivolgersi al pubblico.    

Se davvero, come dice Elena Bucci in scena, “l’attrice è una che ha studiato per fingere”, le nuove leve che hanno ambizioni sceniche devono frequentare questo spettacolo: un atto unico d’amore per l’arte, per la vita, per la parola detta.

Sipario.        

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