Donald Trump sarà di nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.
La notizia che ha attraversato l’oceano in questi giorni ha tutte le caratteristiche per alzare onde molto alte nella direzione soprattutto dell’Europa.
I complimenti della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen appaiono abbastanza di circostanza, in questo caso: “Ue e USA sono più che semplici alleati: siamo legati da un vero partenariato tra i nostri popoli, che unisce 800 milioni di cittadini. Allora lavoriamo insieme a un’agenda transatlantica forte”.
In agenda, però, Trump ha messo ben altro, perché il suo “America first” del primo mandato non è affatto sparito e, anzi, il Presidente in pectore (il meccanismo elettorale americano è complesso e ci vorranno ancora due mesi prima della proclamazione ufficiale) punta a rafforzare il concetto, annunciando nuovi dazi alle importazioni e politiche militari difficili da digerire in gran parte dell’occidente, in primis il contributo economico alla NATO.
Dall’altra parte, una politica estera più determinata sembra invece piacere a molta parte dell’Europa – mai così divisa e titubante – soprattutto nella difficilissima risoluzione dei conflitti in atto in Ucraina e in Medio Oriente. Si vedrà molto presto, insomma, se è vero che Trump “parteggi” per Putin e Netanyahu come i suoi avversari preconizzano da mesi, oppure se, di fronte a migliaia di morti anche lui adotti una linea intransigente. In ogni caso, è la determinatezza che non gli mancherà.
Sul piano economico, invece – e questo riguarda anche San Marino – la sfida alla Cina è più di un punto d’onore per Trump (al pari dell’immigrazione) e indebolire l’Europa, forse, non è la strategia migliore.
Ma come già qualcuno teorizza, potrebbe dare “la sveglia” a un’Unione che sta mettendo in luce tante debolezze. Più di quelle che realmente ha, probabilmente.