La democrazia è una cosa delicata, da maneggiare con cura perché preziosa. Non si può ogni volta tirarla dalla parte del decisionismo (perché diventa quella che anche in latri contesti viene definita Decreto-crazia) o da quella dell’ostruzionismo (si potrebbe chiamare emendamento-crazia?). E non si può nemmeno assistere alle cosiddette “maratone” ogni volta che ci sono più provvedimenti in serie, come appunto i Decreti Delegati. Passi che in questa seduta del Consiglio Grande e Generale molti erano stati reiterati o non discussi precedentemente (“poi ì s’ammòccia”, direbbero i nostri nonni), ma molti di questi sono importanti e il tempo per discuterli – e migliorarli – si riduce oppure si dilata a sproposito. Diventa quindi un’opportunità per la maggioranza oppure per l’opposizione, a seconda di come la si guardi. Ma questa è politica, non democrazia. Il ruolo delle opposizioni non si può comprimere in un inutile ostruzionismo (inutile solo perché la maggioranza ha i numeri per votare ciò che vuole, ma perdendo tempo), così come quello della maggioranza non può annichilirsi nel votare e votare sempre tutto ciò che propone il Governo. Vanno cambiate le regole del gioco, ormai è chiaro, perché quelle in vigore si prestano troppo facilmente alle due storture di cui sopra. Ci vorrà uno sforzo enorme da parte di tutti per farlo, questo è altrettanto chiaro. Ma è inevitabile. Il primo passo, però, spetta al Governo: indichi una soluzione, apra la discussione una volta per tutte e si trovi – anche condividendola con gli altri – una soluzione. Troppo facile (per tutti) dare la colpa agli altri.
Editoriale: Democrazia non significa “maratone”
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