Le pensioni che lo Stato di San Marino eroga a favore di pensionati residenti in Italia devono essere tassate solo nello Stato estero (Stato della Fonte) e non anche in Italia (Stato di residenza), in forza di quanto stabilito dall’art. 18 del Trattato contro le doppie imposizioni sottoscritto dai due Stati. “E’ in sintesi questa la conclusione a cui perviene la sentenza n. 145/2024 della Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado emessa il 24 luglio 2024 e depositata il 27 agosto 2024”. Così il dott. Giovanni Benaglia nel pubblicare per primo la notizia sul sito web dello Studio Grassi Benaglia Moretti di Rimini, annunciando che “per la Corte di Primo Grado, in conclusione, la pensione diretta erogata dallo Stato di San Marino per aver svolto lì una attività di lavoro dipendente deve scontare le imposte esclusivamente nella Repubblica di San Marino e non in Italia”.
“Leggendo attentamente la sentenza”, spiega quindi Fabrizio Cremoni, consulente fiscale di ANIS, “vengono citate a supporto anche altre sentenze, sia definitive che non, ma questa rappresenta quasi sicuramente la prima giurisprudenza specifica nei rapporti tra San Marino e Italia con riferimento alle pensioni erogate dall’ISS nei confronti di un residente italiano. Si tratta di un fatto importantissimo che sancisce il meccanismo della tassazione esclusiva nello Stato della fonte e ribadisce che le pensioni di natura previdenziale rientrano nel concetto più ampio di sicurezza sociale”.
Inoltre, “la tassazione esclusiva del reddito da pensione, tenuto conto che si tratta ancora solamente del primo grado, potrebbe aprire la strada ad una revisione delle dichiarazioni dei redditi già presentate per coloro che hanno utilizzato il sistema concorrente nel rispetto della normativa nazionale”.
“Il tema pensioni”, spiega infatti Cremoni, “è da tempo inserito nel dossier in discussione al tavolo bilaterale tra Italia e San Marino e questa sentenza rafforza certamente la necessità di riavviare i lavori diplomatici anche su questi aspetti”.
Inoltre, considerato il fatto che oggi San Marino occupa circa 8.200 frontalieri e si stima ci siano già adesso circa 2.500 ex frontalieri residenti in Italia che percepiscono regolarmente la pensione dall’ISS (e tassata alla fonte, ovviamente), anche per il sistema economico sammarinese è una notizia importante: si toglierebbe di fatto quella spada di Damocle sui lavoratori italiani, in particolare su quanti sono prossimi alla pensione, ma in prospettiva sul mercato del lavoro, anche e soprattutto per quelli che potrebbero venire assunti nelle aziende sammarinesi”.
IL CASO IN OGGETTO E LE MOTIVAZIONI DELL’AGENZIA
Come in diversi altri casi, alcuni come noto anche patrocinati dai sindacati, l’Ufficio Territoriale di Rimini dell’Agenzia delle Entrate ha inviato l’avviso bonario ad un pensionato ex frontaliere, rettificando la sua dichiarazione dei redditi (nel caso specifico quella del 2020 per il 2019) in quanto non ha riconosciuto il credito per imposte pagate all’estero esposto in dichiarazione dal contribuente, che aveva dichiarato la pensione erogata dallo Stato di San Marino portando in detrazione le imposte trattenute dallo stato estero (in questo caso per 1.617 euro). Siccome l’Ufficio ha ritenuto che la pensione fosse da dichiarare in Italia e quindi che non spettasse il credito d’imposta estero in quanto relativo a redditi esteri.
Nello specifico, l’Ufficio scriveva che “in base alla convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e San Marino, la pensione diretta erogata dallo Stato di San Marino, maturata a seguito di contribuzione versata per aver svolto l’attività pi lavoro dipendente come frontaliere, risulterebbe assoggettabile a imposizione esclusivamente in Italia, quale stato di residenza. Si osserva che le pensioni erogate al residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del beneficiario (nel caso di specie in Italia), cui compete una potestà impositiva esclusiva. Quindi, per le pensioni erogate da San Marino ai frontalieri, deve escludersi l’applicazione del credito d’imposta, ad eccezione delle pensioni erogate per motivi di sicurezza sociale (senza contributi, pensioni sociali e di invalidità)”.
Ma come anticipato, il Giudice Monocratico, dopo avere esaminato gli atti, ha ritenuto che il ricorso fosse invece meritevole di essere accolto.
“L’affermazione dell’Ufficio non è condivisibile”, si legge infatti nella sentenza, “non trattandosi (quelle percepite dal contribuente) di pensioni erogate per motivi di sicurezza sociale -che I’AF ritiene, ad avviso di questo Giudice erroneamente, sarebbero soltanto quelle senza contributi, pensioni sociali e di invalidità. L’Ufficio sostiene, che il reddito in questione doveva essere dichiarato solo in Italia, senza fruizione del credito d’imposta ex art. 165 Tuir”.
CHIARITA LA QUESTIONE “SICUREZZA SOCIALE”
Ed è per controbattere alla tesi dell’Agenzia delle Entrate che il giudice interviene a chiarire la questione interpretativa della sicurezza sociale. “L’affermazione (ex adverso) che le pensioni ricevute nell’ambito della legislazione di sicurezza sociale sarebbero solo quelle percepite in assenza di versamenti contributivi, le pensioni sociali e quelle di invalidità, contrasta con la consolidata giurisprudenza di legittimità formatasi in materia”. E cita le diverse fonti, a partire dalla Suprema Corte di Cassazione, “con una primo significativo arresto del 12 novembre 2010, n. 23001, ha affermato come “Non vi è dubbio che nell’ordinamento italiano, a seguito di un’evoluzione costituzionalmente orientata, il termine “sicurezza sociale” sia indicativo di un concetto di ampio contenuto, comprensivo di tutti i diritti, tanto di previdenza che di assistenza, collegati alla persona, alla sua dignità ed, in quanto tali, inviolabili, secondo i principi riconosciuti dall’art. 38 Cost., principi peraltro presenti anche nel diritto internazionale. Pertanto nel genere “sicurezza sociale” è venuto così a trovare collocazione non solo il trattamento assistenziale ma anche quello previdenziale con il quale lo Stato assicura ai lavoratori, (che come tali hanno diritto all’intervento dello stato sociale) la copertura dai rischi tipici del rapporto di lavoro e della persona umana (malattia, morte, infortunio sul lavoro). Conseguentemente ha trovato collocazione il concetto stesso di pensione (purché non volontaria), declinato in tutte le sue accezioni, anche quella di anzianità, essendo chiaro che la finalità della pensione non volontaria è proprio quella della sicurezza sociale e che tale finalità non viene esclusa, ma anzi accresciuta, dal fatto che la pensione di anzianità sia collegata al versamento obbligatorio di contributi durante l’intero arco della vita lavorativa”. Citate anche, “solo per citarne alcune”, le pronunce della stessa Corte di Cassazione n. 1550/2012, n. 7969/2014, n.15001/2015, n. 6344/2016 e più di recente n. 11035/2021. E ancora, “riguardo alla giurisprudenza di merito, si vedano invece Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria n. 935 del15/12/2022 e dell’Abruzzo n. 799 del20/11/2023”. E a supporto, viene anche citata la Segreteria di Stato Finanze e Bilancio della Repubblica di San Marino, che ha emesso come noto la circolare esplicativa del 7/2/2014/1713 che riportava: “Secondo quanto previsto dal Commentario all’art. 18 del Modello OCSE (par. 28), l’espressione “sicurezza sociale” si riferisce a un sistema di protezione obbligatoria istituito da uno Stato con l’obiettivo di garantire ai propri cittadini un livello minimo di reddito o di benefici pensionistici o ridurre l’impatto finanziario di eventi quali disoccupazione, invalidità, malattia o morte. Caratteristica comune dei sistemi di sicurezza sociale è quella per cui il livello dei benefici concessi è determinato dallo Stato. l pagamenti che potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della disposizione di cui al par. 3 dell’art. 18 includono: le pensioni di anzianità (lavorativa), riconosciute ai cittadini in virtù di un piano di pensionistico pubblico; le pensioni di vecchiaia; e prestazioni di disoccupazione, invalidità, maternità; ecc.”. “Quindi”, scrive il giudice, “appare chiaro che l’Ente sanmarinese che eroga le prestazioni pensionistiche deve operare la ritenuta a titola d’imposta ai sensi dell’art. 101 co. 2 della L. n. 166/2013. Pertanto […] alla locuzione “legislazione di sicurezza sociale” […] essendo pacifico in atti, per espressa ammissione dello stesso Ufficio, che nel caso di specie si verte in una “pensione diretta erogata dallo Stato di San Marino, versata per aver svolto l’attività di lavoro dipendente”, ne discende che tali redditi dovevano essere sottoposti a imposizione solo ed esclusivamente nella Repubblica di San Marino e non esclusivamente in Italia”.