L’inizio del mese di agosto ha registrato un diffuso sell off alimentato da un dato sull’occupazione USA più negativo del previsto oltre all’incremento dei tassi da parte della Banca del Giappone (“BoJ”) che ha determinato l’immediato apprezzamento dello yen vs dollaro con conseguente “scioglimento” del carry trade che ha sottratto liquidità al mercato americano, in particolare ai risky assets (es Nasdaq), in un mese dove la liquidità è già ridotta, il tutto accentuato dalla ormai nota concentrazione del posizionamento.
Con riguardo al dato sull’occupazione che inizialmente ha fatto immaginare un hard landing per l’economia USA, quest’ultimo è stato successivamente ridimensionato quando è emerso che l’aumento del tasso di disoccupazione non fosse riconducibile al taglio di posti di lavoro, ma un aumento dell’offerta di lavoro a causa dell’aumento dell’immigrazione.
La turbolenza innescatasi nei primissimi giorni del mese ha portato la BoJ quasi a scusarsi per aver alzato i tassi promettendo che non l’avrebbero rifatto in momenti di instabilità del mercato; questa parziale retromarcia unita a dati leggermente migliori del previsto dal punto di vista della crescita, e alla rivisitata lettura del sopra menzionato dato sull’occupazione hanno permesso un recupero lampo delle quotazioni.
I mercati azionari (MSCI WORLD) hanno chiuso il mese di agosto in rialzo di circa il 2,5% (Price return in valuta locale).
È impressionante come in questi ultimi mesi il mercato tenda a «comprare» in modo vorace qualsiasi tipo di narrativa; l’abbiamo visto nei mesi scorsi in riferimento al numero di tagli di tassi previsto, lo stiamo vedendo nelle ultime settimane in riferimento all’entità del rallentamento. In questo quadro, uno dei segnali che monitoriamo con attenzione, e che conferma il cambiamento di contesto in atto, è la pendenza della curva dei rendimenti USA. Al riguardo va segnalata la (dis)inversione della curva tra il nodo 2y e il nodo 20y. La proxy più precisa della (dis)inversione è certamente il differenziale tra i nodi 3m Vs 10y e da un punto di vista empirico le recessioni arrivano non al momento dell’inversione ma quando le curve iniziano a irripidirsi, pertanto potremmo essere vicini ad un ingresso in recessione, sebbene in questo caso ci sono una serie di elementi che possono cambiare le carte in tavola e, come detto, immaginiamo un soft landing USA.
La sensazione è che le banche centrali stiano facendo passare per una scelta, la riduzione dei tassi, quella che in realtà è una necessità: se è vero che le dinamiche inflazionistiche non sono del tutto sopite, è altrettanto vero che in Europa l’attività manifatturiera risulta ancora depressa e, negli USA, a pochi mesi dalle elezioni, gli interessi sul debito stanno salendo a ritmo vertiginoso.
Dopo una fase prolungata di risk on, caratterizzata da una bassa volatilità, nel mese, complice anche un mercato estivo più “sottile”, abbiamo assistito a spike di volatilità con l’indice VIX passato dal valore di 12 di inizio mese al valore di 17 a fine luglio e 23 il 2 agosto (+92%).
Certamente la volatilità dei tassi di interesse, sarà determinante per disegnare gli scenari futuri. La volatilità dei tassi è una determinante della correlazione degli indici azionari poiché il tasso di sconto è il driver comune per la determinazione del valore di tutte le azioni (il fair value è il valore attuale degli utili futuri, attualizzati attraverso il tasso di sconto).
Un taglio dei tassi da parte della Fed, ancor più se ci fossero tagli multipli, significherebbe una maggiore volatilità dei tassi, e quindi maggiore correlazione tra i rendimenti delle azioni che compongono l’indice, e, a meno che la volatilità delle singole azioni non diminuisca, un aumento della volatilità.
Sarà certamente importante capire la modalità con cui avverrà la (dis)inversione della curva dei rendimenti, se con il semplice calo dei rendimenti a breve termine (controllati dalle banche centrali) oppure attraverso (anche) una discesa anche dei rendimenti a medio lungo (condizionati dalle aspettative del mercato). Nel primo caso i titoli growth dovrebbero continuare a sovra performare (il tasso di sconto utilizzato per i cash flows dei titoli azionari è quello a medio lungo) di converso, se la curva si dovesse irripidire ma i rendimenti a medio lungo dovessero rimanere invariati, allora potrebbe esserci una netta rotazione settoriale a favore dei titoli value.
Da notare che dopo anni di correlazione positiva tipica delle fasi ad elevata inflazione oggi la correlazione è tornata, come normale che sia, ad essere negativa. Questo elemento conforta l’idea che l’inflazione non rappresenti il market mover e il focus di un mercato si concentrerà maggiormente sui dati di crescita.
Gli spread HY restano vicini ai minimi storici e pertanto non segnalando un rischio di imminente recessione.
Il prezzo dell’oro ha sovraperformato il rame (questo indicatore può essere visto come una proxy di finanza contro economia reale) e lo spread tra il tasso sulle obbligazioni lunghe USA e il dividend yield dello SP500 è vicino ai massimi degli ultimi 20 anni. Se è vero che l’equity merita un premio rispetto ai bond perché in grado di catturare la crescita economica, questo premio, ad oggi, sembra eccessivo.
La nostra view immagina uno scenario di soft landing, rimaniamo positivi sul mercato americano, ma crediamo che sia importante esplorare anche la possibilità di un cambio di leadership settoriale a favore dei titoli ciclici che già scontano una recessione, al riguardo inizia a piacerci lo stock picking sul mercato europeo andando a scegliere i settori ciclici che ai livelli attuali già prezzano una recessione severa; in quest’ottica ci piacciono anche i mercati emergenti.
Sulle obbligazioni preferiamo i governativi con scadenza breve con un progressivo incremento della duration per aumentare la reattività del portafoglio in ipotesi di taglio tassi. Iniziano a piacerci i bonds dei paesi emergenti in valuta locale che, oltre a rendimenti interessanti, dovrebbero ben comportarsi nello scenario di taglio dei tassi in America.
Proponiamo di incrementare la liquidità sui portafogli finalizzata a cogliere successive opportunità sui ribassi del mercato.
Con il calo dei tassi di interesse reali l’oro rappresenta a nostro avviso un asset interessante considerando le crescenti preoccupazioni sul deficit fiscale degli Stati Uniti, la copertura contro il rischio geopolitico latente e la diversificazione delle riserve da parte delle banche centrali asiatiche.
Come macro trade continuiamo a suggerire posizioni a copertura della volatilità, steepener curva USA (aperto al cambio) e yen.
Cristian Ceccoli – Direttore Generale NT Capital SG S.p.A.
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