Da una parte una popolazione che cresce a ritmi bassissimi e comunque unicamente grazie all’immigrazione, dall’altra un tasso di natalità in diminuzione costante: “La fotografia demografica di San Marino è simile a quella di molti altri Paesi occidentali, con alcune differenze sostanziali che vanno tenute in conto”, avverte William Vagnini, Segretario Generale di ANIS, “in un ragionamento complessivo e non focalizzato su soluzioni e innovazioni che riguardino esclusivamente l’ambito lavorativo o quello abitativo. I dati sulle nascite purtroppo sono negativi e questo preoccupa tutti, non solo le istituzioni, la politica o i sindacati, ma anche le aziende, perché è indubbiamente un fattore sociale, ma anche economico. Occorre dunque analizzare il tema in tutte le sue sfaccettature, andando a ricercare le cause o le motivazioni di questo fenomeno e ideare interventi che possano invertire questa tendenza”.
Perché la natalità è anche una questione economica?
“Viviamo in una società sempre più anziana e questo aggiunge ancora più valore alla classica definizione del ricambio generazionale. Il nostro sistema di welfare, ad esempio le pensioni, si basa espressamente sulla capacità di contribuzione dei lavoratori attivi, così come tutte le altre forme di contribuzione o di tassazione sul lavoro sostengono il resto del sistema. In prospettiva, col diminuire di questa capacità, il problema assumerà dimensioni molto significative, con il rischio di diventare insostenibile, anche perché il bilancio dello Stato ha risorse limitate”.
Dovrebbe esserci un piano complessivo?
“Occorre valutare attentamente tutti i diversi fattori e individuare quelli potenzialmente negativi o che frenano la natalità. C’è sicuramente un aspetto culturale, sociologico, in cui non vorrei addentrarmi, ma ce ne sono altri che invece sono oggetto di analisi e studi in tutto il mondo: se è vero che c’è un tema legato al mondo del lavoro, con la conciliazione dei tempi di vita familiare, c’è soprattutto anche un tema economico, di aiuti, incentivi e agevolazioni, ma anche un tema riguardante l’abitazione e ancor più di servizi alle famiglie. Se guardiamo a Francia e Germania, i due paesi europei con più popolazione e le economie più grandi, vediamo infatti politiche per la genitorialità che abbracciano tantissimi temi, dal sostegno del reddito all’abitazione, fino ai servizi per bambini, giovani in generale e genitori stessi”.
A San Marino, però, non si parte affatto da zero, giusto?
“Innanzitutto va detto che in termini di politiche sociali il nostro Paese offre tanto: ad esempio la scuola gratuita, servizi di trasporto scolastico gratuiti, libri gratuiti fino alla scuola media e un contributo libri per le superiori e l’università, gli assegni familiari, per non parlare della sanità gratuita, ecc. Prima ancora uno dei genitori ha il diritto di usufruire di una aspettativa durante i primi mesi di vita del figlio e poi la facoltà di riprendere il lavoro a part-time sempre per potergli stare vicino. A questi interventi di natura statale si aggiungono quelli del Fondo Servizi Sociali, l’ente privato nato dai contratti di lavoro, per la prima casa e l’asilo nido. Va anche detto che molte altre iniziative che altri Paesi stanno ipotizzando in questi mesi sono già state declinate nel nostro contesto normativo, ma possano essere comunque migliorate. Ad esempio gli asili, che sì coprono la domanda interna, offrendo un sostegno importante alle famiglie, soprattutto quelle che non possono affidarsi ai nonni o ad altri parenti, rimodulando gli orari di ingresso e di uscita, allineandoli a quelli dei luoghi di lavoro. Considerazione analoga vale per i centri estivi la cui durata non è pari a quella della chiusura scolastica. Insieme alle aziende, inoltre, si potrebbero realizzare nuove strutture limitrofe ai luoghi di lavoro, accorciando i tempi per gli spostamenti. Lo stesso dicasi per le agevolazioni alle famiglie e ai neo genitori: il nostro ordinamento prevede già una serie di tutele maggiori rispetto ad altri Paesi, ma si possono aumentare ancora laddove emergesse che non siano sufficienti, ad esempio su beni e servizi a pagamento per l’infanzia, ma parametrati al reddito familiare e non a pioggia come adesso. Detto ciò, va anche evidenziato che proprio recentemente sono stati implementati le tipologie di permessi e congedi per poter seguire i figli e sono previsti incentivi per proseguire il part-time post partum in accordo con il datore di lavoro fino alla fine della scuola elementare”.
Spostandosi sui luoghi di lavoro invece?
“Premesso che sono tanti gli interventi che sono stati sollecitati dalle aziende nel tempo e poi concretizzati o nei contratti di lavoro o nelle leggi, occorre valutare con attenzione quali strumenti possano essere declinati nel nostro contesto e portare effettivamente beneficio a quanti potrebbero poi decidere di impegnarsi nella creazione di una famiglia. Dico questo perché un intervento sull’orario settimanale non ha riflessi automatici né certi su quella fascia di popolazione, mentre ne ha sull’organizzazione e sui costi delle aziende. Innanzitutto a San Marino ci sono più giorni festivi che in molti altri Paesi, a cui si aggiunge la settimana lavorativa di 37,5 ore, per cui già oggi attuiamo un orario complessivo minore che altrove. La soluzione dei 4 giorni su 7, di cui si sente parlare, è in verità un esperimento che riguarda ancora poche e particolari aziende, ovvero quelle in cui tale organizzazione del lavoro è sostenibile ma senza aggravio di costi e perdite di produttività. Inoltre va considerato che San Marino ha il vantaggio di essere un territorio ristretto e i tempi per gli spostamenti sono estremamente ridotti rispetto alle realtà dei Paesi più grandi”.
Di fatto incidono anche le politiche territoriali?
“C’e poi un tema che riguarda l’abitazione per chi vuole creare una famiglia, per quanto attiene l’affitto o l’acquisto di una casa. Oggi esiste la possibilità di attingere ad un prestito statale per l’acquisto della prima casa ma obbiettivamente i criteri per accedervi sono eccessivamente restrittivi e perciò è accessibile a una platea limitata. Quindi sarebbe auspicabile un intervento volto a favorire le famiglie con figli. Inoltre, se è vero che servono nuove unità abitative occorre altresì redigere un nuovo Piano Regolatore Generale al fine di consentire uno sviluppo coerente delle zone residenziali”.