Mese di luglio con mercati azionari globali a due velocità, con una prima parte positiva e una seconda metà del mese caratterizzata da un andamento negativo soprattutto nel settore della tecnologia e nei titoli esposti all’intelligenza artificiale.
Dopo le fortissime performance di questi titoli il mercato ha iniziato ad avere dubbi sui tempi di ritorno di questa tipologia di investimenti determinando una correzione importante anche per le magnifiche sette. Queste ultime, sebbene abbiano registrato utili azionari prevalentemente buoni, circa l’80% delle società hanno battuto le attese degli analisti, gli earning per share non hanno soddisfatto le aspettative del mercato, questa volta davvero molto elevate, e nella seconda parte del mese di luglio fino a tutto i primi giorni di agosto, hanno registrato un calo a doppia cifra, successivamente recuperato entro la prima metà del mese di agosto. Le big cap americane confermano in crescita, ma a una velocità in rallentamento; lo S&P 500 è sceso del 5,7% dal massimo di chiusura del 16 luglio, il maggiore calo registrato da inizio anno, l’indice però registra un rialzo del +13% da inizio anno (total return).
Per la serie, no risk, no reward.
Si evidenzia che nel contempo si è assistito ad una rotazione che ha visto una buona performance dello S&P 500 equal weight ma soprattutto dell’indice delle Small/Mid CAP americane, con il Russel 2000 supportato dalle crescenti aspettative di una presidenza Trump (deregulation) e dal calo dei tassi di interesse. Ancora deboli i listini asiatici a causa dei dati deludenti sulla crescita economica della Cina e dei timori per restrizioni più severe degli Stati Uniti sulla vendita di chip avanzati. Come ci aspettavamo, il Giappone ha alzato i tassi di interesse determinando così, per effetto delle aspettative di una diminuzione del differenziale dei tassi, una rivalutazione dello yen nel confronto con le altre monete. L’economia giapponese mostra però segni diffusi di debolezza. In Europa le trimestrali hanno finora deluso, soprattutto nei settori del lusso, dell’auto e della tecnologia. Bene i titoli finanziari le cui trimestrali, superiori alle attese, confermando la resilienza del margine di interesse, la crescita delle commissioni e l’assenza (per ora!) di deterioramento della qualità del credito. Bene anche le utilities.
In ambito bonds, i mercati hanno accolto con favore i dati di inflazione, rimane però un anno non inebriante per i detentori di bond lunghi, visto che nell’obbligazionario primeggiano ancora HY e, ovviamente, titoli a scadenza breve.
L’inizio del mese di agosto, specialmente il 2 e il 5 agosto u.s., ha registrato un diffuso sell off alimentato da un dato sull’occupazione USA più negativo del previsto oltre all’incremento dei tassi da parte della Banca del Giappone (“BoJ”) che ha determinato l’immediato apprezzamento dello yen vs dollaro (+13%) con conseguente “scioglimento” del carry trade che ha sottratto liquidità al mercato americano, in particolare ai risky assets (es. Nasdaq), in un mese dove la liquidità è già ridotta.
Inoltre, con la fine del mese di luglio e l’inizio di agosto, il mercato ha segnato anche il ritorno della volatilità, dopo una fase prolungata di risk on, caratterizzata da una bassa volatilità, complice anche un mercato estivo più “sottile”, abbiamo assistito a spike dell’indice VIX, indicatore della volatilità implicita per le opzioni sull’indice S&P 500, passato dal valore di 12 di inizio luglio al valore di 23 il giorno 2 agosto (+92%) fino al valore di 55 (+358%) il giorno 5 agosto. Con riguardo al dato sull’occupazione che inizialmente ha fatto immaginare un hard landing per l’economia USA, ovvero un ritardo da parte della Federal Reserve (“FED”) nel taglio dei tassi; quest’ultimo è stato successivamente ridimensionato quando è emerso che l’aumento del tasso di disoccupazione non fosse riconducibile al taglio di posti di lavoro, ma un aumento dell’offerta di lavoro a causa dell’aumento dell’immigrazione.
Inoltre, i dati sui prezzi alla produzione e al consumo pubblicati a metà agosto confermando un trend discendete dell’inflazione, unitamente al dato sulle vendite al dettaglio USA che mostra un valore superiore alle attese del mercato, confermano che l’economia USA è in rallentamento ma non in recessione, in un quadro però di riduzione dell’inflazione.
Con riguardo all’inflazione, il marcato rallentamento dell’economia cinese e la conseguente riduzione della domanda di materie prime da parte del gigante asiatico, determina una riduzione dei prezzi delle stesse, con i conseguenti effetti benefici sull’inflazione, giacché, come noto, le fiammate inflazionistiche sono spesso indotte dall’incipit determinato dalla crescita proprio dei prezzi delle materie prime.
In questo scenario il mercato a metà agosto ha registrato un marcato recupero rispetto al drawndown di inizio mese con gli indici azionari tornati nuovamente sui massimi, il rendimento del Treasury a 10 y al 3,80% e il Vix disceso attorno a quota 15.
Ne consegue che il mercato riconosce uno spazio per la FED per una riduzione dei tassi in uno scenario di soft landing. Rallentamento dell’economia ma non recessione e riduzione dell’inflazione.
A quanto pare, Jerome Powell sembra stia riuscendo a “cavalcare il toro”.
La nostra view vede mercati azionari ancora supportati da economie in buona salute, almeno fino a quando gli utili societari si manterranno a questi livelli, per il momento, come detto, ad essere ridimensionati rispetto alle aspettative (molto elevate) sono solo gli earnings per share. L’economia americana nel Q2 è stimata in cresciuta del +2,8%, oltre le attese degli analisti, e gli spread HY restano vicini ai minimi storici e pertanto non segnalando un rischio di imminente recessione. Continuiamo ad aspettarci due tagli dei tassi da parte della FED e della BCE da qui a fine anno, eventi che sono positivi per i mercati azionari nel medio termine se accompagnati appunto, come pensiamo, da uno scenario di crescita economica in rallentamento ma comunque crescita (soft landing). Sulle obbligazioni preferiamo i governativi con scadenza breve con un progressivo incremento della duration per aumentare la reattività del portafoglio in ipotesi di taglio tassi. Iniziano a piacerci i bonds dei paesi emergenti in valuta locale che, oltre a rendimenti interessanti, dovrebbero ben comportarsi nello scenario di taglio dei tassi in America.
Proponiamo di incrementare la liquidità sui portafogli finalizzata a cogliere successive opportunità sui ribassi del mercato. Con il calo dei tassi di interesse reali l’oro rappresenta a nostro avviso un asset interessante considerando le crescenti preoccupazioni sul deficit fiscale degli Stati Uniti, la copertura contro il rischio geopolitico latente e la diversificazione delle riserve da parte delle banche centrali asiatiche. Come macro trade continuiamo a suggerire posizioni a copertura della volatilità, steepener curva USA (aperto al cambio) e yen.
Cristian Ceccoli – Direttore Generale NT Capital SG S.p.A.
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