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Fermiamoci un po’ dal (rin)correre

da Simona Bisacchi

Prendere respiro è una necessità, non solo fisiologica. Bisogna permettere alla testa di prendersi una pausa dal ragionare, dall’organizzare, e lasciarla libera di imparare a memoria canzoni leggere. Bisogna concedere alla pazienza di non essere provata ogni giorno fino al limite.

C’è un tempo per ogni cosa.

Anche per fermarsi.

Per lasciare spazio al colore di certi tramonti. Per dedicarsi alle costellazioni visibili a occhio nudo. Per aprire le finestre e lasciare che si sussurrino aria fresca da una parte all’altra della casa. Per ascoltare il silenzio del quartiere. Per camminare scalzi.

Fermarsi davanti alla libreria e prendere finalmente in mano quei libri che andrebbero letti d’un fiato. E tu di fiato – di solito – non ne hai mai, perché ogni giorno richiede di trottare da una parte all’altra dei problemi.

Montaigne, nei suoi “Saggi” sosteneva che “Ognuno di noi è più ricco di quanto pensi. Ma ci abituano a prendere in prestito e a mendicare: ci avvezzano a servirci più dell’altrui che del nostro. In nessuna cosa l’uomo sa fermarsi al limite del proprio bisogno”.

Fermarsi dal quel correre quotidiano, da quella consuetudine che ci siamo costruiti ma che a volte va troppo veloce. Fermarsi per poter finalmente parlare, occhi negli occhi. Senza fretta. Senza quel sottile nervosismo che permea ogni discorso, quando sai che hai poco tempo e tante parole da dire. Fermarsi e magari ridere insieme. Basta un aneddoto. Un gelato mangiato davanti a una commedia francese. Basta la voglia di non avere nulla da ridire ma tanto da condividere.

Prendere una pausa non implica per forza un arresto. A volte, anzi, significa prendere la rincorsa verso nuove idee, nuove iniziative, nuovi modi di essere e di porsi. Significa rallentare i progetti annebbiati, i movimenti impetuosi ma poco proficui. Mettere da parte il rimuginare. E ambire all’ispirazione – come fossimo artisti – sapendo che per trovarla è necessario un’azione di rottura, un piccolo atto rivoluzionario: prendersi cura di ciò che per abitudine o distrazione tendiamo a trascurare.

“Ormai nessuno ha più tempo per nulla – scriveva Tiziano Terzani, in “Un altro giro di giostra” – Neppure di meravigliarsi, di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle”.

Chi non si ferma continua a girare sulla stessa ruota, percorrendo lo stesso identico itinerario, ora dopo ora, fino ad arrivare a chiedersi – sfiduciato – come mai nulla cambia. Senza accorgersi che basterebbe un balzo per scendere dalla giostra e dare un’occhiata alla vita.

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