Mentre la trattativa con la Commissione europea inizia a prendere sostanza, nel senso che qualcosa piano piano trapela sui vantaggi che avrà San Marino, resta ancora molto confuso il passaggio formale successivo, ovvero la ratifica di detto Accordo. La parola “referendum” riecheggia invero più sui social che nelle sedi dei partiti, anche se nell’Aula consigliare qualche eco si avvertito, sia da parte delle opposizioni sia in seno alla maggioranza. Il richiamo ad una più puntuale informazione e spiegazione dei termini dell’Accordo va interpretato anche in questo senso: più si allarga il consenso e la comprensione di ciò che San Marino ha da guadagnare con l’Associazione (che non è l’Adesione, va scritto sempre perché qualcuno – furbescamente – fa finta di sbagliarsi) e soprattutto cosa rischia di perdere se dovesse non siglare l’Accordo, più il referendum perderà di significato. Non che i sammarinesi debbano essere esclusi, però, attenzione. Ma un referendum così importante, a pochi mesi dalle elezioni, rischia di venire fagocitato nella campagna elettorale. Per questo, anche per questo anzi, è stata istituita una Commissione Mista, a cui partecipano tutte le parti politiche e sociali del Paese. Viene convocata poco, però, ma se dotata di strumenti (e informazioni) adeguati, potrebbe assolvere anche a questa funzione di controllo e approvazione, togliendone l’onere solitario ad un Governo che entrerà a breve in ordinaria amministrazione. Due mesi per decidere, anche meno, visto che c’è di mezzo la finanziaria e la visita del Presidente Mattarella. Decidere. Non rimandare.
Editoriale: da trovare l’accordo sull’Accordo
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