Home Notizie del Giorno Musica: Daniele Maggioli ha le mani e “I piedi nella sabbia” di Rimini

Musica: Daniele Maggioli ha le mani e “I piedi nella sabbia” di Rimini

da Alessandro Carli

La Rimini degli anni Trenta, cinematografata meravigliosamente da Federico Fellini in “Amarcord”, la Rimini degli anni Ottanta e Novanta raccontata attraverso le fotografie da Marco Pesaresi, la Rimini a cerniera tra i due secoli cantata e musicata da Daniele Maggioli (foto: Giulio Rosini). Forse tra vent’anni il suo cognome diventerà un accento, una forma poetica che contraddistingue una visione ben marcata, un aggettivo (come “felliniano”, per intenderci): intanto il cantautore nato all’ombra dell’Arco d’Augusto prosegue la propria ricerca nel territorio e lo ha fatto con un nuovo CD, più precisamente con un EP, uscito da qualche mese e intitolato “I piedi nella sabbia”, sette tracce che assomigliano a sette orme lasciate, calpestate, sprofondate sul bagnasciuga. Dopo non essere riuscito a imporsi come cantautore d’amore – più o meno queste le sue parole -, Daniele si è riconvertito, scherzosamente ma non troppo, in “cantautore di città” dove la città è, naturalmente, Rimini.
Nel pezzo che dà il nome al settimo album del cantautore c’è una strofa – “…una ragazza aspetto un figlio / guarda nel mare di cristallo…” – che porta, inevitabilmente, alla Teresa di “Rimini” di Fabrizio De André (“…E un errore ho commesso – dice – un errore di saggezza / abortire il figlio del bagnino / e poi guardarlo con dolcezza…”). Suggestione che lo stesso Daniele conferma e non conferma: “Non si capisce se lei sia incinta o se stia aspettando che il figlio torni dal mare, è volutamente ambiguo”.

Un EP “su” Rimini ma non “di” Rimini: non si sente mai il nome della città.

“Non ci avevo pensato. Nell’album di debutto, ‘Pro Loco’ (2008), erano chiari i riferimenti a Rimini poi però mi sono ‘allontanato dalla città: desideravo fuggire dalla provincia. Dopo diverse peripezie sono tornato a cantare Rimini. L’ho fatto con più esperienza e in maniera meno didascalica. In questo nuovo lavoro si è aperto un paesaggio più interiore. Piazza Kennedy che racconto in ‘L’invasione di piazza Kennedy’ ha un aspetto futuristico e metafisico. Ho immaginato l’arrivo degli alieni: li vedo sbarcare lì. È una storia nata nei paesaggi che vivo, quelli della provincia che dà molti stimoli. Ed è lì che lo sguardo si rinnova e si stupisce”.

Che rapporto hai con Rimini?

“Direi bizzarro: mi sento un alieno e un outsider. È comunque un rapporto attento: durante il lockdown sono rimasto a casa e quando uscivo, giravo nel mio quartiere. Lì ho scoperto un mondo piccolo che è diventato universale”.

Come hai la scelta di uscire con un EP?

“Gli ultimi tre album hanno questa ‘dimensione’, questa durata che mi piace e nella quale riesco a racchiude il mondo che voglio raccontare. Oltre una certa soglia l’attenzione cala”.

Quanto “Covid” c’è in questo album?

“È stato un periodo particolare: alcuni artisti hanno scelto il registro del mutismo, altri invece hanno registrato molte canzoni. Durante il lockdown ho composto diversi pezzi: in questo album ho inserito ‘Madrid’: è il desiderio del viaggio che volevo fare fisicamente. Finita l’emergenza non volevo ‘uscire’ con un EP che contenesse i riverberi di quel periodo – ovviamente e inevitabilmente qualcosa è rimasto ‘incagliato’ ma non molto – ma con un lavoro sul ‘post Covid’, più luminoso e aperto”. 

Alla carriera da solista alterni quella in coppia con Antonio Ramberti: quanto c’è di “bucolico” del Duo Bucolico nel tuo nuovo album?

“Sempre meno: col tempo ho separato le due ‘strade’. I pezzi del ‘Duo bucolico’ vengono scritti in due, da me e da Antonio. È un tipo di scrittura diversa dove stai più in superficie e dove giochi di più. Da solo percorro altri orizzonti anche se un po’ di sarcasmo e di ironia escono sempre”.

La copertina ricorda, in parte, quella di “Pink moon” di Nick Drake. Sbaglio?

“A guardarla bene è vero: è surreale. L’ha disegnata Elena Tenti, una illustratrice e pittrice molto sensibile che mi sembra capisca le mie canzoni”.

Hai mai pensato di esplorare il dialetto?

“In un pezzo del lavoro precedente, intitolato ‘Dievli’, il ritornello è in dialetto. Mi piace quando le immagini della letteratura (immagini che si trovano con una certa frequenza nei suoi testi, ndr) confluiscono nel dialetto, quando lo incontrano”. 

In alcune canzoni si sentono i riverberi del primo Francesco De Gregori. È sbagliato?

“Francesco De Gregori, sino all’album ‘Bufalo Bill’, quindi il De Gregori degli anni Settanta, è stato tra i pochi cantautori che mi hanno influenzato”.

Che canzone non tua avresti voluto scrivere?

“Credo ‘Atlantide’ di De Gregori, è enigmatica e un grande esempio di ispirazione”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento