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PDCS, PSD, AR e DML: “Andiamo avanti con le riforme”

da Daniele Bartolucci

Numeri ridotti all’osso in Consiglio Grande e Generale (e da ottobre, con due Reggenti non votanti, ancora di più) e tempi strettissimi per approvare “ciò che è realizzabile”. Questa la sfida, accettata, dalla nuova maggioranza dopo la fuoriuscita di RETE, che ha puntato il dito proprio contro “la volontà di non fare le riforme che servono e che avevamo concordato nel programma”. Ora PDCS, PSD, AR e DML devono rielaborare un piano d’azione che sappia traghettare il Paese almeno fino a fine dell’anno, viste le scadenze già fissate: la visita di Mattarella a ottobre, la fine del negoziato con l’UE entro l’anno e, ovviamente, la finanziaria per il 2024. Un piano che, però, dovrà comprendere interventi in grado di sostenere il Bilancio dello Stato gravato dal debito, ma anche progetti di sviluppo, liberando il potenziale delle imprese. Questo si traduce in tutte quelle operazioni strategiche che da tempo sono sui tavoli di questo e dei Governi precedenti, richieste con crescente determinazione dalle parti sociali e in primis ANIS, che rappresenta le aziende che hanno dato concretezza alla parola “sviluppo” in questi anni, con investimenti, fatturati e occupazione ai massimi livelli. L’obiettivo dichiarato, anche in questi giorni, dalla Presidente Neni Rossi, è infatti la competitività. Per cui, entrando nel merito dei “cantieri aperti” serve un mercato del lavoro più snello nel far incontrare domanda e offerta, ma soprattutto con tutti gli strumenti di flessibilità che hanno gli altri Paesi, mentre al momento la sensazione è quella di inserire ulteriori freni e rigidità, o asticelle ancora più alte di quelle in vigore in Europa. Altro tavolo aperto, la riforma di FONDISS: qui l’urgenza di intervenire è dettata non solo dalle criticità pregresse, ma anche dalla recente riforma delle pensioni che ha investito solo parte del primo pilastro (la governance e le possibilità di investimento dei fondi sono infatti rimaste intonse) e, numeri alla mano, non garantisce una sostenibilità nel lungo periodo: si tratta di una riforma soft a detta degli stessi autori, che va sostenuta con l’intervento su FONDISS.

Ma è indubbio che il protagonista indiscusso di questi mesi è e sarà il negoziato per l’Accordo di Associazione all’Unione Europea: non solo per l’impatto che determinate norme, una volta stabilite, avranno all’interno del Paese, ma soprattutto per le prospettive che darà a imprese e cittadini, finalmente liberi di operare nel mercato unico alla pari dei Paesi membri. Un “collante” anche per la stessa nuova maggioranza, che vede quindi all’orizzonte almeno il 2024 per il proprio Governo, dovendo concludere il negoziato entro il 2023 e poi ratificarlo, come ribadito da Bruxelles, che vuole chiudere la partita prima delle elezioni europee. Il negoziato, di fatto, coinvolge anche tutte le altre grandi riforme, per cui diventa esso stesso un’agenda di Governo e, grazie alla Commissione Mista appena avviata, diventa l’agenda del Paese, visto che ci partecipano tutti: maggioranza, opposizione, associazioni di categoria e sindacati.

DEBITO E BILANCIO: SI CERCA LA “SICUREZZA”

Sul fronte del Bilancio dello Stato, la sfida è “mettere in sicurezza i conti pubblici” – hanno ripetuto tutti i partiti di maggioranza – anche a fronte del roll over dei titoli di debito pubblico per 350 milioni. Servono più entrate e meno spese correnti: questa è la ricetta in sintesi, ma in politica la cosa non è così semplice. A metterlo in chiaro ci ha pensato la stessa RETE, spiegando che “ogni provvedimento non è calcolato più in funzione del bilancio o dello sviluppo, bensì in funzione del consenso. Per cui certe riforme non le vogliono più fare, perché sono dolorose”. Il riferimento va alla revisione dell’IGR, chiaramente (che la DC ha poi smentito sia stata abbandonata del tutto, ma che “se ci sono le condizioni, si può fare”), ma anche al completamento dell’ICEE, che se da un lato darebbe corso finalmente a interventi mirati verso chi ne ha bisogno, dall’altra toglierebbe tanti contributi e agevolazioni a pioggia che oggi fanno comodo a tutti. E se si vuole mettere in sicurezza il Bilancio, senza agire sulle tasse, difficilmente si troveranno le risorse per il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici, a meno che il nuovo Segretario agli Affari Interni non riesca a trovare le risorse e garantirsi anche un bel “grazie” dai dipendenti della Pubblica Amministrazione.

SVILUPPO: LA LISTA DEGLI INTERVENTI

La strada maestra, quindi, resta quella segnata da ANIS: sviluppo, sviluppo e sviluppo. La crescita economica, infatti, può chiudere diverse falle e garantire al Paese occupazione e gettito fiscale, ma occorre sostenerla con interventi precisi che rendano il sistema economico più competitivo possibile. Da un lato ci sono le riforme, dall’altro gli investimenti. Come quelli nel settore energetico, che ha dimostrato in questi ultimi anni tutta la sua arretratezza: San Marino non ha mai realizzato impianti di produzione se si esclude il fotovoltaico (che oggi copre solo il 5-6% del fabbisogno) ed è arrivato il momento di farlo. Sia con interventi privati (fotovoltaico spinto, cogenerazione, biogas) sia con progetti più strutturali e complessi sul ciclo dei rifiuti e su quello delle acque. Sul piano della competitività, però, non si può fare alcun ragionamento europeo o di mercato unico, come ha detto ANIS, senza il passaggio dalla monofase all’IVA, che garantirebbe anche una rinnovata equità fiscale all’interno del Paese, tra le altre cose. Progetti che, però, non possono prescindere da quella pianificazione territoriale che doveva essere avviata con il nuovo PRG, altra grande riforma stoppata in seno alla vecchia maggioranza, ancora non è chiaro da chi. Però, non deve essere un caso, proprio all’indomani della fuoriuscita di RETE è iniziata a circolare come priorità una nuova regolamentazione per quanto riguarda gli ampliamenti delle aziende produttive, che in questa legislatura è diventato un tema spinoso su cui molte volte il Governo è stato chiamato in causa per un atteggiamento anti-impresa. Di fronte ai numeri della manifattura e al contributo in termini di occupazione e investimenti in questi anni (e nonostante la pandemia), ogni pregiudiziale ideologica pare sia caduta del tutto: alla nuova maggioranza il compito di dimostrare che sono pro-impresa e quindi, liberando il potenziale delle stesse, possa davvero agevolare e sostenere quello sviluppo di cui, per ora, si legge in tutti i comunicati emessi in questi giorni. La sfida è lanciata, ora si attendono i fatti.

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