Ad Atene si andava a teatro in inverno, il periodo in cui non si facevano le guerre e non si coltivavano i campi. Inizia con questo prologo (che ha un po’ la funzione del coro) “I Persiani”, testo antichissimo di Eschilo – più o meno 2.500 anni – e interpretato, il 30 marzo al salone Snaporaz di Cattolica, da Silvio Castiglioni (foto: http://www.silviocastiglioni.com/).
La “tragedia più antica del mondo”, poco esplorata e frequentata, in questa riduzione firmata da I Sacchi di Sabbia (40 minuti in tutto) mette al centro uno dei topoi cari al drammaturgo greco, quelli della colpa e dell’espiazione: Serse difatti paga con l’umiliazione della sconfitta contro i Greci la sua cieca sete di dominio. La mise en scene si gioca tutta su una serie di “mattoncini-marionette” che Silvio muove e manipola, alternandole ad alcuni “cartelli” didascalici che riportano una serie di frasi (forse scritte un po’ troppo in piccolo, a dire il vero: dalla fila numero 9, posto 97, si faceva davvero fatica a leggerle) che aiutano gli spettatori a seguire la storia (facilmente recuperabile su Internet).
Sfida complessivamente vinta, quella del duo Castiglioni / I Sacchi di Sabbia, vista la difficoltà nel trasformare un testo a più voci – come è “I Persiani” (anche se i personaggi non sono tanti) – in un monologo. Attraverso un’interpretazione messianica l’attore trasforma i “personaggi-mattoncini” in opliti, poi li “verticalizza” come nel gioco “Jenga” per “tagliarli” solamente alla fine, una volta quindi “sciolte le righe”.
Musiche funzionali (davvero belli i canti di Marina Mulopulos) e luci abbastanza precise: c’è stata sì qualche sbavatura ma assolutamente perdonabile, il lavoro è “un bambino appena nato”, come ha sottolineato lo stesso Silvio, e quindi bisogna nutrirlo e dargli il tempo di diventare adulto: del resto, riesumare una tragedia così antica e con qualche centimetro di polvere, richiede soprattutto indulgenza e amore.
Sipario.
