Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “Scusate se Hokus sembra Pokus”

Visto per voi a teatro: “Scusate se Hokus sembra Pokus”

da Redazione

Di regola non mi informo su di uno spettacolo che mi appresto ad andare a vedere. Non voglio essere condizionato da nessun elemento. Spero sempre di essere raggiunto da una sorpresa. In questo caso non conosco nessuno della compagnia in scena. Ne conosco il nome ma penso di non aver mai visto nulla di loro. Le maschere non mi sorprendono: non è cosa nuova; Eschilo a parte passando per Arlechin Batocio mi viene subito alla memoria una bellissimo famiglia Mastino presentato dal Teatro della Tosse diversi anni or sono. Lasciamo stare i media televisivi che le maschere le usano anche troppo spesso e sempre più sottili (fino all’osmosi…). Disney poi è rimasta all’apprendimento stregonifero… quindi en marche! Fidiamoci più di Familie Flöz che non del titolo che è una mossa accattivante ma non promette granché.

Familie Flöz ha una storia lunga nel tempo e ricca di riconoscimenti. È nata nel 1994 da studenti di teatro, mimo in particolare, appassionati del lavoro con le maschere che loro stessi costruiscono. Di questi ragazzi due li ritroviamo stasera: sono Hajo Schüler, il regista, e Michael Vogel. Il nostro paese vanta precedenti che certamente loro conoscono e hanno studiato: Amleto Sartori, il poeta, grande costruttore di maschere in cuoio su calco di legno richieste, tra gli altri, da Ferruccio Soleri e Marcello Moretti gli strehleriani della commedia dell’arte.

Iniziamo come sempre dall’ingresso in teatro anche stasera con pubblico numeroso. Palco seminudo: strumentazioni a sinistra per la musica e le voci; quintaparete a L con porte che aprono e chiudono stanze e decenni. C’è poco altro, un divano un tavolo una panca. La parete fungerà a intervalli anche come fondo per la proiezione di videografici (l’elemento scontato dello spettacolo, non necessario). I costumi essenziali nel disegno per riconoscere i caratteri e i personaggi nel corso della loro epopea. Tutto è visibile poi il buio. E subito tutto è avvincente: la luce sulle chiome rosse della figura femminile che canta. Il suono, più importante ancora della luce, apre HokusPokus con un canto corale diretto magistralmente e magistralmente interpretato. Esce la voce bellissima di Sarai O’Gara, grande talento, la spagnola nel gruppo tedesco, in un canto che ricorda tanto la tradizione folk nordeuropea. In scena ora stanno due figure, due giovani che si studiano, si testano per poi fare famiglia e figli fino alla fine dei giorni. Sembra di rivedere la famiglia Pingu… La storia di Hokuspokus è molto semplice, dice Hajo Schüler: “Raccontiamo la vita di due persone che si ritrovano e creano una famiglia, con tutte le turbolenze, i colpi del destino e i bei momenti – una vita che poi alla fine sembra arrivare alla fine. Ma qui ci si chiede se i personaggi siano davvero mortali”.

Tutto si snoda flessuoso, atletico, a tratti romantico a tratti davvero esilarante con accenti che sono spari, visioni, magie. Attori bravissimi a suonare, cantare, narrare e trasmettere sentimenti. Ovunque li assiste come un padreterno premuroso e distaccato il ‘servomutodiscena’. Muto perché in questo bel testo, la parola non c’è.

(“Familie Flöz” di Berlino in coproduzione con Theaterhaus Stuttgart e Theater Duisburg è un’opera di Fabian Baumgarten, Anna Kistel, Sarai O’Gara, Benjamin Reber, Hajo Schüler, Mats Süthoff e Michael Vogel andata in scena al Teatro della Regina di Cattolica martedì 7 febbraio).

Teresio Massimo Troll

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