Home Notizie del Giorno Visto per voi al Teatro di Villa Torlonia: “Sexmachine” di Giuliana Musso

Visto per voi al Teatro di Villa Torlonia: “Sexmachine” di Giuliana Musso

da Alessandro Carli

Basterebbe fermarsi sulla sua longevità, sul suo essere uno strepitoso “canto alla durata” (ha debuttato nel 2005 ma ci ha impiegato 12 anni per ricevere il “Premio Hystrio alla drammaturgia”): vuoi per il tema affrontato (antico e attualissimo: “Nove milioni di rapporti sessuali a pagamento all’anno, settantamila donne sul mercato”) vuoi per la sua capacità istrionica di stare sul palco, di saper raccontare storie e soprattutto di saperle comunicare efficacemente, rivolgendosi non tanto gli occhi della platea ma alla testa e alla sensibilità, questo “Sexmachine”, poderoso monologo di Giuliana Musso e passato sulle assi del Teatro di Villa Torlonia (San Mauro Pascoli, FC) il 3 febbraio, è uno spettacolo che porta in apnea gli spettatori e che conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, l’assoluto rigore filologico e l’eccezione bravura dell’attrice vicentina. La pièce, in circa un’ora e mezza, si sviluppa attraverso la tecnica del “giornalismo teatrale” (un filone che annovera anche Marco Paolini e Ascanio Celestini) quindi di una manciata di “articoli” di “cronaca” sull’universo della prostituzione, le “cocotte” ma soprattutto i clienti, fortemente “caratterizzati”, “stereotipati” sia per “tipologia” (da Dino, vecchietto arzillo che per prova un sentimento di nostalgia per la sua giovinezza quando poteva accedere e frequentare la case di tolleranza e che mette il sesso tra le tre cose che servono per vivere bene insieme a una sana alimentazione e al camminare a Igor, ragazzo che “accetta” e concepisce solamente la sessualità dei “club” e delle ballerine di lap dance, passando per il piccolo imprenditore, Sandro, che, devastato dalla crisi, cerca conforto, sconfortandosi, negli amori facili, a pagamento, dove la prestazione è merce) che geograficamente (i personaggi vivono tutti nel Nordest italiano, come si capisce dalla flessione dialettale scelta dalla Musso, in quella zona tra il Veneto e il Friuli, patria e matria degli uomini della defunta “balena bianca” che la domenica vanno in chiesa a pregare ma che durante la settimana si dedicano anche all’amore mercenario).

Sei personaggi – quattro maschili e due femminili, Silvana e Monica, leggermente meno incisivi rispetto al poker di mensch – che, a differenza di quelli pirandelliani, un’autrice l’hanno trovata, eccome: Giuliana, avvolta in un tappeto di luci semplice e perfettamente funzionale al racconto, apre a modo suo il vaso di Pandora e i “mali” che ne escono sono legati ai “vizi” del corpo. Corpi pagati, corpi paganti, corpi che suscitano, nonostante tutto, ironia – uno dei registri su cui l’attrice calca maggiormente la mano – ha anche riflessioni profonde.

Uno spettacolo di teatro civile, questo “Sexmachine”, con una scenografia minimalista – due sedie, una per lei e una per il chitarrista Gianluigi Meggiorin – e quindi “più vero”, necessario, che fa aprire gli occhi facendo forza solo sulle diverse parole sui diversi timbri, sui gesti e sui movimenti. Un grande assolo di “denuncia sociale” che lascia in bocca, però, un retrogusto di rabarbaro.

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