Home Dal giornale “La riforma delle pensioni va fatta e va fatta quest’anno”

“La riforma delle pensioni va fatta e va fatta quest’anno”

da Daniele Bartolucci

“La riforma delle pensioni va fatta, perché il divario tra entrate e uscite è destinato ad aumentare vertiginosamente e ogni ritardo non fa altro che aumentare il problema. Per questo la riforma va fatta entro il 2022, in modo tale che gli effetti di alcuni interventi si possano vedere già dal 2023”. La posizione di ANIS in merito alla riforma delle riforme non cambia, ribadisce il Segretario Generale William Vagnini: “Era una priorità per i due Governi precedenti ed è una priorità del programma di questo Governo, ma anche una delle urgenze riconosciute a tutti i livelli, sia all’interno che all’esterno del Paese, a partire dal FMI. Occorre essere dunque consapevoli della responsabilità che ci siamo tutti assunti, dall’Esecutivo alle parti sociali, nel momento in cui ci siamo seduti al tavolo di confronto, ormai un anno e mezzo fa. Siamo arrivati alla fase decisiva, dobbiamo arrivare fino in fondo”.

Il confronto con il Governo, quindi, c’è stato?

“Stiamo parlando di un percorso iniziato formalmente nella primavera del 2021, dopo diversi incontri preliminari e la garanzia data dal fatto che la riforma delle pensioni fosse già stata inserita tra le quattro o cinque priorità del programma di governo. Dopo una interruzione di alcuni mesi alla fine del mese di novembre il confronto con tutte le parti sociali è ripreso e ha subito una accelerazione dopo le vacanze estive.  Sono stati forniti i dati sulla base dei quali l’attuario ha elaborato delle proiezioni al fine di comprendere l’impatto dei singoli e dei diversi interventi proposti. Tutti abbiamo avanzato le nostre richieste e le nostre proposte e quindi la bozza del progetto di legge ha subito via via varie modifiche e integrazioni per arrivare alla versione che è stata depositata il 5 settembre. Gli incontri non sono esauriti e tutti potranno continuare ad avanzare proposte fino alla seconda lettura. Il confronto c’è stato ed è stato apprezzabile con la consapevolezza che i sacrifici devono riguardare tutte le parti. Ora spetta al Governo e alle forze politiche fare la sintesi ricercando la massima condivisione ed equilibrio tra i vari interessi in gioco evitando che la riforma perda di ulteriore incisività”.

Quali le vostre proposte?

“Avevamo chiesto di non alzare quelle riferite ai datori di lavoro, ma sarebbe stato impossibile far ricadere tutto il peso degli aumenti sui soli lavoratori. Con senso di responsabilità abbiamo accettato di ragionare su questi aumenti, cercando anche soluzioni alternative. Come poi abbiamo individuato e condiviso con tutti gli altri partecipanti al tavolo di confronto: l’utilizzo degli attivi di altri fondi capienti ha infatti permesso di ridurre l’aumento a carico dei datori di lavoro, che comunque ci saranno ma saranno appunto sostenibili. Allo stesso modo sul tetto pensionistico il nostro punto di vista è sempre quello della competitività, non certamente le pensioni d’oro né tantomeno l’addio al meccanismo di solidarietà. L’attuale tetto non è equo, perché di fatto superata tale soglia i contributi versati sono completamente persi. La nostra richiesta è di modificare il calcolo stesso o almeno di recuperare parte di quei versamenti, ridando attrattività al nostro sistema, in particolare verso manager e dirigenti, indispensabili allo sviluppo delle imprese al pari degli altri dipendenti e collaboratori”.

Poi c’è il tema del Bilancio dello Stato.

“Il contributo dello Stato è fondamentale, ma non possiamo fare affidamento totalmente su di esso, perché non ci sono le risorse per coprire un disavanzo nei fondi pensione che si stima diventerà più voluminoso del bilancio dello Stato stesso tra qualche decina d’anni. Non possiamo nemmeno contare unicamente sulla riserva tecnica, perché si esaurirebbe in troppo poco tempo. Per questo sono urgenti degli interventi come l’innalzamento dell’età pensionabile, l’aumento delle entrate sia come contributi, sia come redditività della riserva tecnica, gli incentivi a rimanere al lavoro per più tempo e tutti gli altri ipotizzati. Nel frattempo, però, occorre trovare le risorse per coprire quel gap tra entrate e uscite: la soluzione più equilibrata è usare per una parte la riserva tecnica e per la differenza prevedere un contributo dello Stato”.

Il testo è già passato in prima lettura, qual è la tempistica ipotizzata?

“Premesso che gli incontri stanno proseguendo, in parallelo a quelli della riforma del mercato del lavoro, che si intreccia in diversi punti con questa, il prossimo passaggio formale sarà quello della Commissione Sanità. In quell’occasione i rappresentanti dei gruppi consiliari potranno presentare gli emendamenti e fare le modifiche che saranno state condivise nel frattempo. L’idea era quella di convocare la Commissione a inizio ottobre, ma viste le richieste di ulteriori approfondimenti, molto probabilmente ci sarà uno slittamento di due settimane. Questo significa che la seconda lettura finale potrà andare in Consiglio Grande e Generale a novembre. Spostare l’iter più avanti non è possibile, visto che a dicembre c’è la Legge di Bilancio da presentare e approvare”.

Uno stop adesso, di fatto, significa lo slittamento al 2023?

“Questa eventualità non può esistere. Sarebbe da irresponsabili”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento