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Ciceruacchio e lo scampo di Garibaldi

da Redazione

Durante il periodo del Risorgimento italiano San Marino divenne ufficio nobilissimo per natura e per le origini assegnatole nella storia: “Assicurare l’asilo ai vinti dalla forza o dalla sfortuna, ai perseguitati dalla malvagità o dalla sventura”, a onta delle minacce di Leone XII, di Gregorio XVI, di Pio IX. I profughi italiani delle rivoluzioni del 1799, del 1820-21, del 1831, del 1844-45 salirono a frotte il Titano per sfuggire alle persecuzioni dei loro governi.

Fra i più illustri: lo storico Melchiorre Delfico, l’archeologo Bartolomeo Borghesi, il latinista don Cesare Montalti, il giureconsulto Luigi Zuppetta, il letterato Francesco Mestica, il medico scienziato Giuseppe Bergonzi, il conte Eduardo Fabbri, Eugenio Valzania. E dopo che la Repubblica francese ebbe sopraffatto nel 1849 la Repubblica romana “questa piccola Repubblica di San Marino (come ben disse il Carducci) raccolse con Garibaldi gli sforzi supremi dell’italica virtù combattente”.

LO SCAMPO DI GARIBALDI

Com’è noto, nella notte del 31 luglio 1849, Giuseppe Garibaldi con 150 fedelissimi esce dal Paese ed, eludendo la sorveglianza di 12mila soldati austriaci che circondano il Titano, muove verso Venezia. A San Marino scamparono, con Giuseppe Garibaldi, la moglie Anita, Francesco Nullo, Ugo Bassi, Ciceruacchio. Per aver protratto l’asilo ad alcuni ex-deputati della costituente romana, ebbe la repubblica a soffrire nel giugno del 1851 un’invasione austro-papale, guidata dal generale Marziani, che non liberò il territorio finché non ebbe ottenuta la vergognosa consegna dei medesimi. In varie occasioni Garibaldi ricorda ed elogia l’ospitalità di San Marino nel momento del bisogno.

CICERUACCHIO

Nato a Roma da un maniscalco nel rione di Campo Marzio, Angelo Brunetti detto Ciceruacchio (il soprannome Ciceruacchio, datogli da bambino, è la corruzione dell’originale romanesco ciruacchiotto, “grassottello”) fu di mestiere carrettiere del porto di Ripetta, trasportando vino dai Castelli romani e poi gestendo una taverna nei pressi di Porta del Popolo.

Sembra che in età giovanile abbia esercitato la mansione di “garzone” nel Seminario Romano all’Apollinare. Infatti nelle scale secondarie, in un’umile stanzuccia, sulla porta di ingresso è scritto a matita: “Angelo Brunetti”. Di carattere brillante e molto socievole, era beneamato dal popolo romano, anche per il suo comportamento durante l’epidemia di colera del 1837. Grazie alla sua innata capacità dialettica che non poté mai coltivare con l’istruzione (parlava solo e unicamente in romanesco), divenne presto un rappresentante informale dei sentimenti popolari.

Questa sua caratteristica emerse appieno con l’avvento al soglio pontificio di papa Pio IX nel 1846.

Brunetti si fece portavoce dell’ansia popolare per il ritardo delle tanto attese e promesse riforme annunciate dal nuovo pontefice. Nel luglio del 1846, in una manifestazione di popolo, ringraziò pubblicamente il Papa per aver concesso la libertà ai prigionieri politici, donando alla popolazione alcune botticelle di vino e accendendo un grande fuoco vicino a Porta del Popolo.

Nella primavera e nell’estate del 1847 Brunetti fu il diretto organizzatore di manifestazioni popolari al fine di incitare il Papa a continuare nel suo piano di riforme politiche all’interno dello Stato Pontificio.

Il 17 aprile 1848, sera della Pasqua ebraica, si unì alla demolizione dei portoni del ghetto ebraico di Roma ordinata dall’autorità. Al Museo del Risorgimento di Roma si conserva ancora la sua giacchetta rossa con ricamata più volte la scritta “Viva Pio IX”, che allora riscuoteva grandi consensi per la sua politica “liberale”. Abbracciata la causa mazziniana dopo il presunto voltafaccia sulla guerra del pontefice, avvenuto con l’allocuzione del 29 aprile 1848, aderì alla Rivoluzione del 1849. Partecipò attivamente ai combattimenti contro l’assediante francese e dopo la caduta della Repubblica Romana, nel luglio dello stesso anno, lasciò Roma con l’intento di raggiungere Venezia, che ancora resisteva agli Austriaci, insieme a Garibaldi e ad alcuni fedelissimi. Attraversati gli Appennini, raggiunse Cesenatico dove, requisiti alcuni bragozzi, si imbarcò. In prossimità del delta del Po fu intercettato da una vedetta austriaca e costretto con gli altri all’approdo.

Ciceruacchio e i suoi compagni chiesero l’aiuto di alcuni abitanti del posto per raggiungere Venezia, ma questi li denunciarono alle autorità. Brunetti fu così arrestato dagli Austriaci e fucilato a mezzanotte del 10 agosto 1849, insieme al figlio Lorenzo di tredici anni, al prete Stefano Ramorino, Lorenzo Parodi di Genova, Luigi Bossi di Terni (che era in realtà il figlio maggiore di Angelo Brunetti, Luigi, che aveva cambiato nome dopo essere stato accusato di essere l’esecutore materiale dell’assassinio di Pellegrino Rossi, capo del governo pre-rivoluzionario), Francesco Laudadio di Narni, Paolo Baccigalupi e Gaetano Fraternali (entrambi di Roma).

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