Un sistema bancario più stabile con una liquidità tornata a livelli di sicurezza e la reputazione internazionale che a piccole tappe è stata riconquistata, come dimostrano da una parte l’apertura (e l’interesse) dei mercati internazionali ai titoli di debito pubblico sammarinesi, e dall’altra il trend positivo della raccolta totale. È su questi risultati che, in particolare, pone l’attenzione l’avv. Catia Tomasetti, Presidente di Banca Centrale della Repubblica di San Marino, ovviamente, oltre a quelli di bilancio, presentati al Consiglio Grande e Generale nei giorni scorsi come previsto dallo Statuto della Banca. Nel mezzo, una pandemia inaspettata (ed ora una guerra in Europa), la spending review e perfino un’indagine a suo carico, da cui ne è uscita però ancora più forte. “Questi erano gli obiettivi principali del mio mandato sin dall’inizio”, ricorda, “perché il sistema sammarinese aveva un’immediata necessità di liquidità e, nel contempo, doveva recuperare i rapporti con i partner internazionali, in particolare quelli istituzionali, per poter instaurare proficue collaborazioni e per ricercare nuovi canali di finanziamento, come poi si è riusciti a fare attraverso un’attività corale che ha tenuto conto dell’apporto e dell’operatività di tutti le componenti e gli stakeholders del sistema sammarinese”.
Quando ha ricevuto l’incarico, qual era la situazione dentro e fuori Banca Centrale?
“Non era e non è mio compito giudicare chi mi ha preceduto ma, senza entrare nel merito di inchieste e processi attualmente in corso, credo fosse chiaro a tutti che i rapporti con l’esterno fossero compromessi: da un punto di vista finanziario San Marino era isolata, non vi sono altri termini che possano rappresentare tale situazione. Senza un’azione coordinata e mirata di tutti gli attori sammarinesi, non avremmo mai ottenuto ciò che invece si è rivelato, sul piano tecnico ed economico, un ottimo risultato”.
Si riferisce in particolare ai rapporti con Banca d’Italia, a cui si lega un altro obiettivo che le è stato indicato, ovvero la firma del Memorandum of Understanding?
“Sicuramente, l’obiettivo della sottoscrizione di MoU con banche centrali estere rientra nella mission di BCSM, ovvero l’integrazione del nostro sistema con quello di altri Paesi e nei mercati con cui le banche e le imprese sammarinesi possano operare su base stabile. In queste dinamiche il MoU con Banca d’Italia è sicuramente tra i più rilevanti. Difatti, abbiamo concentrato tantissime risorse su tale canale ed abbiamo, faticosamente, riaperto il tavolo della negoziazione. Vorrei sottolineare il termine riapertura, perché mi preme rimarcare come nel tempo BCSM e Banca d’Italia siano riuscite a compiere un percorso comune, purtroppo questo percorso è stato poi frenato da vicende note. L’obiettivo prefissato al tempo del mio insediamento, la sottoscrizione di un MoU, è un obiettivo che può risultare ai più abbastanza semplice da raggiungere, nel quale bisogna solo riversare tempo, studi e analisi, ma che diviene drasticamente complicato quando una delle due parti, firmatarie dell’accordo, è restia a riprendere nuovamente la strada del dialogo: difatti, quando sono stata nominata i rapporti con Banca d’Italia erano pressoché inesistenti.”
C’era una chiusura nei confronti di San Marino o c’era dell’altro, secondo lei?
“Non mi spingerei a definire quella situazione come una chiusura, più che altro si è riscontrata una certa diffidenza dovuta ad accadimenti abbastanza noti. Innanzitutto le problematiche istituzionali intercorse nel 2016, quando Banca Centrale si ritirò da un impegno praticamente preso: fu un fatto molto grave. Inoltre, i vari avvicendamenti avvenuti nella Vigilanza e nella Struttura organizzativa sammarinese che hanno portato anche l’ingiusto allontanamento di alcune figure, compromettendo certamente i già delicati rapporti di fiducia con gli omologhi vertici di Roma. Oggi, per fortuna, la maggiore stabilità acquisita ha portato fra i tanti benefici anche una ripresa di un dialogo costruttivo con Banca d’Italia ed altre Autorità come dimostrano il Protocollo d’Intesa sulla gestione del contante sottoscritto da BCSM e da Banca d’Italia a fine 2019, integrato nel 2020 ed in corso di revisione, e la sottoscrizione a giugno 2022 di un Memorandum d’intesa e cooperazione bilaterale tra il Fondo di Garanzia dei Depositanti di BCSM e il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) italiano.”
Non solo con Roma, giusto?
“L’Italia è il principale partner di San Marino a tutti i livelli, lo sappiamo noi ma lo sanno anche alla BCE e al FMI. Per questo è stato fondamentale riaprire tutti i canali, come è stato fatto fin da subito: già dal novembre del 2018, infatti, abbiamo avviato uno scambio di lettere per la riapertura della negoziazione del MoU. Ma è indubbio che anche i rapporti con il FMI e con BCE siano rapporti imprescindibili e possiamo certamente affermare che negli ultimi anni questi rapporti si siano indubbiamente rafforzati. In un momento delicato come quello della pandemia il confronto costante con il FMI è stato uno dei punti di forza nel costruire una strategia vincente.”
Nel mentre, con Roma i rapporti sono stati funzionali anche ad altre questioni?
“Tantissime questioni funzionali per il nostro territorio sono state portate avanti con Roma, una delle più importanti, che può spiegare al meglio il perché questi rapporti siano essenziali, è la concessione di una linea di liquidità da parte della BCE. In pieno lockdown, come per molti altri Paesi, si è resa drammaticamente urgente la necessità di un prestatore di ultima istanza per evitare criticità di liquidità nel sistema. Non potendo avvalerci direttamente del supporto di Banca d’Italia, il cui Statuto non prevede strumenti giuridici specifici alle problematiche avanzate da San Marino, abbiamo inoltrato la nostra richiesta in Europa, chiedendo direttamente alla BCE che, grazie ad un’operatività messa in atto proprio per il periodo pandemico, ha permesso a diversi Stati non nell’Unione Europea di poter accedere ad aiuti vitali. L’iter è stato poi completato con il coinvolgimento della Banca d’Italia per ottemperare all’operatività tecnica richiesta.”
Invece siete stati tra i primi a ottenerlo.
“Esattamente. San Marino è stato tra i primi Paesi extra UE a poter beneficiare di tale strumento ed anche tra i pochi a cui è stato poi rinnovato. Questo significa molto per noi. In sintesi, è una rappresentazione concreta della fiducia che abbiamo saputo consolidare.”
È stata poi usata quella linea di credito?
“Questo tipo di linea nasce proprio nella speranza di non doverla mai usare e la nostra linea di liquidità, fortunatamente, non è stata attivata, ciò significa che il sistema non ha avuto shock di liquidità. Nello specifico, i 100 milioni di euro della linea accordataci e messi a disposizione dalla BCE potevano essere utilizzati nel caso in cui, a causa della pandemia e del relativo lockdown, si fosse verificato un c.d. shock di liquidità. Nuovamente, attraverso un lavoro corale, il sistema si è rivelato sano e, utilizzando un termine in voga, estremamente resiliente, pertanto non ci sono stati shock da fronteggiare. Tutto ciò sembra scontato ma vi assicuro che nel marzo 2020, appena iniziato il lockdown, con la borsa che crollava ed i nostri titoli che perdevano di valore di giorno in giorno, la necessità di dover elaborare soluzioni efficaci e veloci per poter fronteggiare le più diverse problematiche ha comportato un intenso, ma senz’altro proficuo, lavoro di squadra. Dobbiamo, dunque, essere fieri di come il Paese e la sua economia siano riusciti a reagire durante la pandemia, ciò si è indubbiamente tradotto in maggiore fiducia nelle capacità di San Marino.”
Dalla BCE sicuramente, ma dagli altri?
“L’aver ottenuto questa linea di credito e l’aver riattivato i rapporti con l’esterno sono state tappe dello stesso percorso di cui ho accennato poc’anzi, perché se la BCE ha fiducia in San Marino, anche gli investitori possono averla. Ne è la prova il positivo esito della prima emissione internazionale di titoli di debito pubblico della Repubblica. Credo che l’operazione con la BCE abbia rappresentato un punto di merito in tale emissione, così come i risultati certificati dal FMI nelle sue missioni istituzionali”.
La vostra attenzione, però, non è rivolta solo all’esterno, giusto?
“La reputazione internazionale non si crea dal nulla e nemmeno con nulla. Serve una struttura efficace ed efficiente, ma anche coesa. Se nei rapporti internazionali c’è stata un’azione collettiva, questo non è davvero mancato anche a livello di Banca Centrale, che ha sviluppato un lavoro di squadra, come quello che ha portato ai risultati di bilancio di questi ultimi anni. Vorrei ricordare che il 2018 la Banca ha chiuso il bilancio con 12,4 milioni di perdite, ma già nel 2019 abbiamo chiuso il bilancio con un profitto, di circa 600 mila euro. Nel mentre, abbiamo dotato la Vigilanza di tutte le risorse necessarie, consolidandola così con competenze, professionalità e autorevolezza che merita. Non è un fatto scontato, perché una Vigilanza credibile è fondamentale prima di tutto per la stabilità del sistema, a tutela anche e soprattutto del risparmiatore, così come il mantenimento di elevati standard qualitativi delle banche, con le quali, peraltro, è costante il coinvolgimento sui temi di interesse. Infine, proprio in queste settimane, abbiamo concluso l’iter per la selezione del nuovo Direttore Generale, con la nomina, quale Vice Direttore f.f., del Dott. Vivoli, figura conosciuta e prestigiosa. Per la prima volta è stata selezionata una risorsa interna. Sono certa che il Dott. Vivoli abbia tutti i requisiti per portare avanti nel migliore dei modi il lavoro intrapreso in questi anni dall’avv. Ucci, che vorrei ringraziare anche in questa occasione, e per affrontare le nuove importanti sfide che ci attendono.
Molti, però, continuano a puntare il dito sui costi, in particolare di quelli del personale.
“Degli 8,8 milioni di euro di spese amministrative, in verità, solo 5,9 milioni sono costi per il personale, mentre circa 2,9 milioni sono costi per le altre spese amministrative. La Banca consta di circa 81 dipendenti (numero medio di risorse al netto delle assenze di lungo periodo), con competenze spesso molto alte, quindi non vedo nulla di anomalo per quanto riguarda gli stipendi che risultano in linea, se non addirittura inferiori, a quelli medi corrisposti dalle banche sammarinesi. Semmai di eccezionale c’è proprio l’aspetto personale: con grande senso di responsabilità sono stati i primi e, alla prova dei fatti, anche tra i pochissimi che hanno aderito alla richiesta dello Stato di ridurre i costi, sottoscrivendo un accordo di solidarietà che prevedeva una riduzione dello stipendio. Lo hanno fatto – e lo abbiamo fatto tutti – senza ridurre la qualità dei servizi. I quali, sottolineo, per gran parte ci sono affidati dallo Stato: per esempio l’Esattoria, la Vigilanza sul sistema bancario e finanziario, la Tesoreria, il Sistema dei pagamenti, il registro dei Trust, l’AIF, i rapporti con le organizzazioni finanziarie internazionali, la gestione del Fondo di Garanzia dei Depositanti e del Fondo Frodi Finanziarie, ecc. Il lavoro di una banca centrale in un Paese è vitale per il buon andamento dell’economia nei momenti difficili e non solo in quelli. Credo che i dipendenti di Banca Centrale si meritino una discussione di qualità più elevata di quelle che finora ho potuto leggere sui giornali”
Servizi e funzioni per i quali vi vengono trasferite risorse, però.
“Sì, ma il trasferimento copre meno di un terzo dei costi totali. Il resto dobbiamo recuperarlo dalle nostre attività. Ma non siamo una banca commerciale, per cui sì, ci sono dei servizi a mercato, ma l’attività principale resta quella del comparto finanza, con tutte le ovvie e giuste limitazioni dettate dall’essere una Banca Centrale. Ciò significa, in primis, investire in prodotti con alto rating ma anche con elevata liquidità, perché le nostre risorse sono quelle del sistema bancario, dell’Eccellentissima Camera e di altri enti pubblici e non possiamo permetterci di avere titoli illiquidi”.
La liquidità, appunto. Una priorità di sistema, a tutti i livelli, dunque?
“Il nostro obiettivo era chiaro e, come si può comprendere nei capitoli di bilancio, la liquidità è tornata ai livelli pre 2016. Un risultato importante, ma che non basta e non sarebbe bastato per mantenere in piedi il sistema economico di San Marino che invece è riuscito, con le proprie forze, a superare la fase più acuta della pandemia, migliorando tutti e tre i principali settori osservati dall’esterno: l’economia è in ripresa, la disoccupazione è minima e le banche sono tornate, dopo oltre undici anni, a realizzare un bilancio aggregato in positivo, con livelli di liquidità e di capitalizzazione stabili ed in ripresa. Credo sia un messaggio forte ai nostri partner istituzionali, ma anche e soprattutto per quanti vogliano investire nel paese”.