La storica dipendenza di San Marino nei settori energetici inizia a occupare – finalmente – l’agenda politica istituzionale. Non passa giorno, infatti, che non si ascolti proclami e avvertimenti. Una volta perché aumentano le tariffe, una volta per gli interventi volti a calmierare tali aumenti. Una volta perché non piove e bisogna evitare di sprecare l’acqua, una volta per rilanciare su bacini, captazione e altri progetti. Una volta per spingere sulle rinnovabili, un’altra volta per ammettere che anche coprendo perfino i calanchi non si avrebbe un gran passo in avanti. Di tutto e il contrario di tutto, insomma. Per fortuna i numeri sono meno ondivaghi e dicono chiaramente che San Marino, come sistema, ha bisogno di energia, di acqua e di gas. Oggi e anche domani, non solo nelle case – giustamente – ma anche nelle aziende. Perché se le aziende dovessero smettere di produrre, poi ci sarebbero molti sammarinesi costretti a casa. E non per il Covid stavolta. Sarebbe bene, insomma, che di tutte le cose che si sentono in giro si delineasse una agenda di azioni e di progetti che davvero permettano, anzi, garantiscano di uscire da questa sudditanza. Non è che i vicini stiano meglio, ma hanno l’Europa. O almeno, la speranza che l’Europa reagisca. Lo stesso può fare anche San Marino, che in quell’Europa c’è fisicamente e a breve anche più che fisicamente se l’Accordo andrà in porto. Nel frattempo, però, c’è un lungo inverno all’orizzonte e di progetti se ne son visti ancora pochi. Dentro e fuori San Marino, perché l’idea di investire in impianti di produzione ma all’estero non è decaduta, ma anzi, si fa sempre più concreta.
Editoriale: “Per l’energia servono atti energici”
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