Home Notizie del Giorno Visto per voi a Santarcangelo Festival 2022: Cele, Mapengo Nàmoda, Sakowicz, Oozing Gloop

Visto per voi a Santarcangelo Festival 2022: Cele, Mapengo Nàmoda, Sakowicz, Oozing Gloop

da Alessandro Carli

L’impatto è magnifico: il teatro “Petrella” di Longiano, la “bomboniera”, luogo a dir poco delizioso; una scritta al neon appesa poco dopo il foyer che annuncia, senza mezzi termini, che si tratta di un “night club”; le sedie della platea spostate per lasciare spazio a una serie di tavolini circolari; il sipario “disegnato” con un cuore rosso, la stessa nuance dell’insegna. Le foto che hanno accompagnato la presentazione di “Go go Othello”, spettacolo visto il 15 luglio alle 19.30 e portato in scena da Ntando Cele, non possono che riempire gli occhi; il plot poi, quindi la trama, non lasciano scampo: la storia di Josephine Baker, Nina Simone e Cardi B, straordinarie artiste “nere” che hanno saputo ritagliarsi un ruolo di peso. In mezzo, o meglio, a dare l’avvio al viaggio, l’ombra dell’Otello di Shakespeare, eroe e allo stesso tempo (s)punto iniziale nell’universo “razzista” delle scene mondiali.
Ha tutto per volare, questo lavoro di Ntando Cele, ma di fatto non riesce mai a decollare: un’occasione persa – ed è un vero peccato – vista la materia “annunciata” nella descrizione: l’attrice, questo va detto, è bravissima e preparata sia fisicamente che vocalmente, ma il “potenziale” – davvero tanto – si ferma sul palco. I quadri portati in scena, eccezion fatta per quello più autentico, quello in cui dice (senza recitare), che suo marito è bianco e che anche nella compagnia molte persone lo sono, risultano alla lunga “slacciati”, anche a causa di un eccessivo utilizzo dei video che “appesantiscono” la mise en scene.         

Funziona molto e meglio invece “Mom, I* am not longer black”, maratona che Marilù Mapengo Nàmoda ha “vissuto” all’interno della Grotta Monumentale di Santarcangelo il 16 luglio: nove ore di “rito” senza respiro, un viaggio tra l’odore delle pareti tufacee e quello della terra. Basta poco per capire lo spessore dell’assolo: lei, nuda, accoglie di visitatori, dona un mucchietto di terra che ogni persona poi deve depositare sul fondale, davanti a un armadio sgangherato. Pochi minuti e, con libertà, si siede su un secchiello quasi ricolmo di terriccio, fa la pipì, impasta tutto e dona ad una spettatrice l’humus fertile. Intanto un pesce, appeso a testa in giù, osserva il recipiente. Marilù Mapengo Nàmoda prende un microfono, lo porge alla stessa visitatrice, e la invita ad avvicinarlo alla bocca del pesce. Un lavoro che supera la parola teatro: si entra nella ritualità, nell’essenza della vita che cerca di superare la morte, nella ricerca di una spiritualità che cozza contro la quotidianità dei gesti.

Convince anche “Jumpcore”, il monologo movimentato che Pawel Sakowicz ha portato, sempre il 16 luglio, in piazza Ganganelli: in un’alternanza di musica “carica”, silenzi e parole cantate, l’artista polacco racconta la versione umana del gabbiano Jonathan Livingstone. Il volo quindi come distacco dal terreno, come crescita spirituale, come slancio verso l’alt(r)o, come separazione tra l’anima leggera e i limiti pesanti del corpo.

È più un esercizio di stile che una performance invece “Movie Madness”, chiacchierata della green drag queen autistic* Oozing Gloop e seguita da poco pubblico all’interno del Supercinema il 16 luglio alle 22.30: qualche gridolino in platea, qualche “apparente” problema tecnico per la messa in onda dei video (strapixelati, ma forse era voluto) e un microfono in mano. Oozing Gloop, con un bicchiere di vino, parla e si racconta in inglese “stretto”, sfuggente, mentre sul fondale vengono proiettate immagini e “movies” di lui/lei all’aria aperta. Il finale? Non si sa: chi scrive, dopo 45 minuti, ha lasciato la sedia.

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