Home Notizie del Giorno La Segreteria di Stato per il Lavoro sulla liberalizzazione dei frontalieri

La Segreteria di Stato per il Lavoro sulla liberalizzazione dei frontalieri

da Redazione

In riferimento alle polemiche e alle strumentalizzazioni di questi giorni in merito alla cosiddetta ‘liberalizzazione dei frontalieri’, la Segreteria di Stato per il Lavoro ritiene doveroso approfondire maggiormente la tematica, al fine di evitare una lettura superficiale e incompleta degli interventi e del percorso che hanno portato la suddetta Segreteria di Stato, il Congresso di Stato e il Consiglio Grande e Generale ad adottare certe scelte.

Nell’analisi, quindi, bisogna partire dalla Legge 115/2017 – ora abrogata – che introduceva una liberalizzazione indiscriminata dei lavoratori frontalieri, in cambio del pagamento di un “obolo” pari al 4,5%.

Questi interventi, oltre a causare evidenti imbarazzi con Italia e Unione Europea, aveva anche generato alcune distorsioni. Innanzitutto un incremento sproporzionato dei lavoratori non residenti, il cui numero, dal 2016 al 2019, è aumentato di 1105 unità (369 all’anno) a discapito di quello dei residenti, cresciuto solo lievemente (300 unità, in media 100 all’anno). Infatti, al 31 dicembre 2019, il numero dei disoccupati residenti rimaneva molto alto: 1041 unità con un tasso di disoccupazione pari al 6,27%. La liberalizzazione come al tempo impostata, inoltre, aveva portato a una dequalificazione dei lavoratori frontalieri: le aziende infatti hanno preferito dotarsi di manodopera non qualificata piuttosto che formare lavoratori sammarinesi o, più probabilmente, grazie alla liberalizzazione, hanno assunto manodopera frontaliera qualificata a inquadramenti inferiori. Anche in questo caso, i dati supportano questa tesi: se nel 2016 solamente il 32% dei frontalieri risultava assunto in mansioni non qualificate, nel 2019 questo numero è aumentato al 38%.

Il sopraggiungere della pandemia e il conseguente aumento della disoccupazione, hanno indotto il Governo a bloccare prontamente la liberalizzazione. Questa decisione, insieme alla ripresa economica, ha fatto si che al 30 giugno 2021 – data di pubblicazione del decreto legge 130/2021 che applica l’innovativo concetto secondo cui la liberalizzazione dei lavoratori frontalieri non avviene più in maniera indiscriminata, ma si basa sul tasso di disoccupazione generale o sui tassi di disoccupazione specifici di determinate categorie professionali – il numero dei lavoratori residenti superasse di quasi 400 unità quello registrato alla stessa data del 2019, mentre quello dei lavoratori frontalieri si riducesse di circa 100 unità e che i disoccupati diminuissero da 1041 a 741.

Dal 1 luglio 2021 quindi si è potuto introdurre una graduale liberalizzazione dei lavoratori frontalieri che ha permesso l’assunzione agevole e veloce di professionalità scarsamente individuabili tra i disoccupati residenti e la protezione di quelle categorie più ‘affollate’ dai nostri disoccupati.

Così facendo, le aziende che necessitavano di assumere frontalieri qualificati per mansioni per le quali non si trovavano disponibilità tra i residenti, non sono state più obbligate a sostenere impropriamente un costo in più, mentre si è bloccata la deprecabile pratica di rimettere i costi della liberalizzazione sulle spalle dei lavoratori, assumendoli a livelli non consoni alla loro professionalità.

Anche in questo caso i dati hanno confermato la bontà della scelta: dal 31 maggio 2021 al 31 maggio 2022, i lavoratori frontalieri sono aumentati in maniera importante, senza però penalizzare i residenti, che hanno continuato a crescere di ulteriori 200 unità in un solo anno, riducendo il numero dei disoccupati (sceso a 445 persone) e il tasso di disoccupazione (sceso al 2,69%), portando i numeri ai minimi storici.

Importante è altresì la variazione della ‘qualità’ dei frontalieri che oggi per il 66% risultano assunti in mansioni qualificate e specializzate (o superiori), mentre nel 2019, in piena liberalizzazione, erano solamente il 61%. Questo, oltre a rendere giustizia ai lavoratori, vale molto più del 4,5% anche a livello di versamenti contributivi.  

Questa condizione positiva per l’occupazione sammarinese ha quindi spinto la Commissione per il Lavoro, così come previsto dal Decreto Delegato 130/2021, a liberalizzare temporaneamente le assunzioni dei lavoratori frontalieri. Il sistema introdotto dal Decreto 130/2021 permette però di monitorare mensilmente i dati e, quindi, la possibilità di intervenire e di sospendere la liberalizzazione, qualora i numeri dell’occupazione interna o di determinate categorie professionali dovessero peggiorare.

Si tratta quindi di una liberalizzazione controllata, non più basata sul pagamento di un costo aggiuntivo e illimitata, ma fondata su dati oggettivi che ci permettono di capire quando è necessario proteggere l’occupazione interna.

Teodoro Lonfernini (Segretario di Stato per il Lavoro): ‘Alle polemiche strumentali, mirate solamente a difendere scelte passate che si sono dimostrate infelici, preferiamo rispondere con i fatti, confermati dai dati. Gli interventi straordinari durante il periodo COVID, il decreto delegato 130/2021 ratificato lo scorso luglio, insieme alla revisione degli incentivi approvata ieri in Consiglio, permettono finalmente di raggiungere quell’equilibrio tra la libertà e la velocità di assunzione e la necessità di tutela dell’occupazione interna, obiettivo del Programma di Governo.’

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento