Home Notizie del Giorno Visto per voi a Santarcangelo Festival 2022: “Favilla” di Teatro Patalò

Visto per voi a Santarcangelo Festival 2022: “Favilla” di Teatro Patalò

da Alessandro Carli

“Me ne vado, non si può” strilla un attore con i baffi piantato tra il pubblico seduto sulla gradinata del cortile della scuola elementare Pascucci. Inizia con questa battuta “Favilla. Frammento minutissimo di materia incandescente”, spettacolo corale firmato da Teatro Patalò e portato in scena a Santarcangelo Festival 2022 il 13 luglio alle 21.30 (foto: Dorin Mihai). Esito di “Let’s Revolution!”, il laboratorio “a tappe” per ragazze e ragazzi dai 14 ai 19 anni, la pièce è un affondo tagliente e spietato nella società dei giovanissimi, impegnati a “donarsi” corporalmente a chi li guarda, annientando di fatto le sinapsi nella mente. “Non corrono il rischio di pensare”, ci dice un attore in canottiera, riferendosi ai simili della sua specie mentre un fumo da discoteca invade il palco. Lo spunto iniziale, sottolineato nel foglio di sala dalla compagnia, quindi il testo – Samuel Beckett e Harold Pinter, non esattamente “gli ultimi” – diventa un “pre-testo”, un testo che anticipa ed entra “dentro” la realtà che circonda – senza toccare le loro sensibilità ovattate – i dieci attori. Si avverte un clima bellico, una guerra (quella tra Ucraina e Russia, ma non solo), ma è una sensazione esterna, lontana dalla loro necessità di muoversi in maniera sincopata e ripetitiva. Un’umanità di sottile e giovane cellophane quindi, quella raccontata dai Patalò: una critica rivolta a un universo di teenagers che parla – senza ascoltarsi e senza ascoltare gli altri – per provare a ritagliarsi un ruolo che non trova, che non gli viene concesso per pigrizia, e che tenta la carta del corpo. “Siamo quello che facciamo vedere” è il monito che emerge, zampillando, dalla scena. Un lavoro di ricerca piuttosto interessante, che non disdegna una manciata di omaggi alla musica e al teatro (si intravvedono alcune riflessioni del Rino Gaetano di “Mio fratello è figlio unico” e un’architettura scenica che a tratti strizza l’occhio al teatro greco antico, in particolar modo attraverso l’utilizzo del coro) e che innesta nel pubblico più di qualche domanda irrisolta: non tanto sulla mise en scene quanto piuttosto sui giovani di oggi, concentrati a dare un movimento alle spalle, alla testa, alle mani e alle gambe e non a connettere, in maniera intelligente, la lingua al cervello.

La chiusa è un inno alla gioia: parte “Balla balla ballerino” di Lucio Dalla ed il pubblico scatta in piedi, (ir)rompe la quarta parete, inonda lo spazio e si muove, poga, saltella, fa le giravolte e ride. La materia è incandescente, come suggerisce il sottotitolo. Ma non scotta e non provoca bruciature esterne. Semmai, avvampa dentro, ma questo effetto infuocato, da fuori, non si può vedere.

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