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Editoriale: energetici, ci voleva una guerra?

da Daniele Bartolucci

Ci voleva una guerra (purtroppo) per affrontare la questione energetici in Europa. La parola fine non c’è ancora, ma i passi avanti vanno tutti in quella direzione. “L’azione dell’Ue sull’energia si svilupperà su molti fronti. Sul funzionamento del mercato dell’energia e sui prezzi alti siamo stati accontentati. La Commissione ha ricevuto ufficialmente mandato per studiare la fattibilità del price cap”. Così ha commentato il premier italiano Mario Draghi al termine del Consiglio europeo di martedì scorso, che ha sì affrontato il delicato tema delle sanzioni alla Russia, ma di fatto si è concentrato sulla “battaglia” che da mesi imperversa sui mercati, ovvero quella dei prezzi degli energetici. Prezzi che, va detto, erano già impazziti e per certi versi incontrollati già prima del conflitto in Ucraina e che per questo stanno da tempo monopolizzando l’attenzione sull’inflazione e sui costi di produzione di tutti i Paesi occidentali. Tra cui anche San Marino, ovviamente. Anzi, più che ovviamente, visto che tutta questa discussione interna all’Unione Europea non la vede che spettatore, ponendo tutto il sistema nella difficile posizione, da una parte, di subire tali dinamiche e aumenti, e dall’altra di dover implementare le proprie politiche energetiche, ma da sola. E dopo anni di immobilismo, per di più. Questa la sfida, l’ennesima, che la piccola Repubblica deve vincere a tutti i costi nei prossimi mesi. Una sfida che, al di là delle polemiche su “chi ce l’ha più green” degli ultimi giorni, può vincere solo se ci si muoverà tutti assieme: istituzioni, imprese e cittadinanza. Soli, forse, ma almeno uniti. Di certo, non ci voleva una guerra per capirlo.

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