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Banca di San Marino, la sfera di cristallo

da Denis Manzi

Nemmeno con la sfera di cristallo. Facciamo un gioco: supponiamo che foste dotati di una sfera di cristallo che vi permettesse di conoscere in anticipo tutto quello che accadrà nel mondo, ad eccezione dell’andamento dei mercati finanziari. Chiaramente, essendo l’andamento dei mercati influenzato dagli avvenimenti economici, geopolitici e politici, avreste la possibilità di sfruttare le informazioni comunicatevi dalla sfera per operare di conseguenza sui mercati finanziari, semplificando, tramite scommesse on-off sul mercato azionario globale e sul mercato obbligazionario globale con merito creditizio elevato (Investment Grade). Queste due asset class, infatti, dovrebbero rispondere in maniera inversa ad avvenimenti particolarmente rilevanti (i mercati azionari dovrebbero performare positivamente in situazioni di propensione al rischio e negativamente in fasi di avversione al rischio, mentre i mercati obbligazionari con merito di credito elevato dovrebbero avere un andamento opposto). Ebbene, la vostra sfera vi avrebbe avvisato il 23 febbraio scorso dell’imminente attacco russo sul suolo ucraino. Come vi sareste comportati? Molto probabilmente, è parere di chi scrive, avreste deciso di scommettere contro i mercati azionari e di sposare invece gli investimenti obbligazionari. Il grafico 1 mostra, a distanza di un mese e senza bisogno di commenti, quali sarebbero stati i risultati. Anche l’ultimo periodo quindi, se ve ne fosse stato ancora bisogno, ha dimostrato l’elevato grado di imprevedibilità dei mercati finanziari, che non finiscono mai di sorprendere, sia nel bene sia nel male. A giustificazione della price action nevrotica, vale sicuramente la pena citare il contesto che stiamo vivendo che, al di là del dramma umanitario, rappresenta uno scenario difficilmente immaginabile sino a poche settimane fa e che è influenzato da molteplici variabili di difficile lettura, che anche i mercati finanziari stanno faticando e non poco a scontare. Se nei primi giorni di guerra era verosimile un’operazione lampo con danni limitati, con il passare dei giorni si è iniziato a capire sempre più – anche in considerazione della stoica resistenza ucraina – come la durata del conflitto non sarà di breve respiro, che la portata potrebbe allargarsi, ma soprattutto che il conflitto potrebbe dare vita a mutamenti strutturali sul fronte geopolitico ed economico, dando maggiore impulso al processo di de-globalizzazione di cui già da diverso tempo si percepivano alcune avvisaglie, con tutto quello che potrebbe conseguirne, ovvero pressione al ribasso sulla crescita economica ed al rialzo sull’inflazione. La situazione rimane comunque estremamente fluida ed imprevedibile: potrebbe succedere tutto e il contrario di tutto!  Ciò che rende le cose più complicate, se non altro per i mercati finanziari, è la consapevolezza di trovarsi in una fase geopolitica complessa senza più l’incondizionato supporto delle autorità monetarie, al quale ci si era da anni assuefatti, in quanto si trovano nell’attuale contesto a dovere privilegiare il contrasto dell’inflazione rispetto al sostegno alla crescita, pena rischiare di perdere credibilità.

EVENTI PIÙ SIGNIFICATIVI

Trimestre senza dubbio non noioso quello appena conclusosi. Durante l’ultimo periodo, tutta l’attenzione è stata rivolta agli sviluppi del conflitto Russia-Ucraina e alle relative conseguenze economiche, con il mondo occidentale che ha sostanzialmente reso la Russia un Pariah sul parterre internazionale, rendendola la nazione soggetta al maggior numero di sanzioni a livello mondiale. Incredibile come in poche settimane sia stato possibile far crollare una fortezza economica costruita in tanti anni.  Al di là della geopolitica, come anticipato lo scorso mese, si è concretizzato il primo rialzo dei tassi da parte della FED che, al fine di contrastare livelli inflativi – anche a seguito dei recenti rialzi di prezzo nelle materie prime – era ormai difficile lasciare correre senza fare nulla,  ha alzato di 25 punti base il costo del denaro per la prima volta dal 2018, portandolo nel range 0,25%-0,50% e anticipando come nei prossimi mesi assisteremo a rialzi ulteriori che dovrebbero culminare, secondo i piani dell’Istituto Centrale, al 2,75% l’anno prossimo. Tassi in rialzo anche in Inghilterra, mentre in area euro la Banca Centrale, pur lasciando invariati i tassi di interesse, ha annunciato misure meno espansive per il prossimo periodo, tramite la riduzione del ritmo degli acquisti titoli perpetrati nell’ambito del quantitative easing. Tra le principali banche centrali, l’unica che si potrà permettere di adottare nel prossimo futuro una politica monetaria più espansiva dell’attuale è quella cinese, aiutata da livelli inflativi sensibilmente più bassi di quelli di America ed Europa.

I MERCATI FINANZIARI

Dopo l’ovvio movimento iniziale negativo seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, gli attivi per definizione più volatili, come i mercati azionari, hanno registrato performance positive durante l’ultimo periodo, mentre ad essere tartassati sono stati i mercati obbligazionari, specialmente quelli con migliore merito creditizio, che si trovano ad affrontare una serie di avversità, tra le quali vale la pena citare gli elevati livelli di inflazione che rendono i rendimenti reali ampiamente negativi, le valutazioni iniziali, caratterizzate da tassi di interesse irrisori e l’atteggiamento delle principali banche centrali, che sembra orientato nel contesto attuale a privilegiare il contrasto all’inflazione rispetto al supporto alla crescita. Esemplificative in tal senso le parole del Presidente della Banca Centrale Americana, che ha dichiarato come, al fine di ribilanciare il rapporto domanda/offerta, la FED non potrà far altro che indebolire la domanda. Vien da sé che in tale contesto le obbligazioni abbiano sofferto particolarmente. Se l’anno finisse ora, le performance del mercato obbligazionario investment grade sarebbero, e di gran lunga, le peggiori mai registrate dagli anni ’70. L’unico aspetto positivo è che sul mercato si iniziano a vedere tassi di interesse su carta anche di qualità che ormai da tempo ci eravamo dimenticati.

L’ECONOMIA GLOBALE

La situazione macroeconomica è in peggioramento e di sicuro le stime di crescita per il 2022 andranno riviste al ribasso. Infatti, le tensioni geopolitiche unite al recente rialzo dei prezzi delle materie prime – quelle energetiche su tutte – porranno pressione al ribasso sulla crescita economica, che già si trovava di fronte ad una preventiva diminuzione delle spinte fiscali e monetarie e del conseguente peggioramento delle condizioni finanziarie, come testimoniato anche dai recenti allargamenti degli spread di credito sul mondo obbligazionario e dalla pubblicazione degli ultimi dati sulla fiducia di consumatori ed imprese. Uno scenario plausibile al momento vede una possibile fase di stagflazione, che dovrà essere ben gestita dai policymakers al fine di evitare l’inizio di un contesto recessivo. In tal senso, un forte aiuto arriverebbe dallo stemperamento delle tensioni geopolitiche, che porterebbe con sé una riduzione dei prezzi delle materie prime energetiche, rendendo meno probabili errori di policy da parte delle banche centrali, che si sentirebbero meno pressate dal dovere adottare politiche monetarie più restrittive.

EVENTI DA MONITORARE

Anche nel prossimo periodo il principale evento market-mover sarà l’andamento del conflitto in Ucraina, sul quale tuttavia appare impossibile – almeno per chi scrive – fare delle previsioni con cognizione di causa. Importante sarà inoltre il monitoraggio degli indicatori di fiducia di consumatori ed imprese, oltre alla pubblicazione degli utili aziendali del primo trimestre, per capire come sono stati impattati dagli aumenti dell’inflazione. Ultimo ma non da ultimo, estremo interesse andrà riposto all’andamento delle condizioni finanziarie, per quanto riguarda sia gli spread di credito sia la conformazione delle curve dei tassi di interesse; in tal senso, la curva sovrana americana ha registrato un forte movimento di appiattimento (grafico 3). Una eventuale inversione di alcuni punti sensibili, quali quello tra il 10 anni ed il 2 anni e quello tra il 10 anni ed il 3 mesi, non sarebbero di buon auspicio, visto che hanno segnalato con estrema precisione tutte le recessioni dal 1970.

I PORTAFOGLI

Statisticamente, i mercati sono proni ad una reazione eccessiva ad eventi improvvisi e catastrofici e non risulta quasi mai conveniente agire “di pancia”, mentre storicamente ha sempre pagato mantenere i nervi saldi ma soprattutto rimanere ancorati ai propri piani di investimento. Il vero mantra è proprio questo: rimanere ancorati ai propri piani di investimento, che chiaramente dovrebbero essere sviluppati su basi solide e scientificamente valide, con la consapevolezza che, qualora l’obiettivo di investimento presupponga l’ottenimento di risultati superiori a quelli offerti dai rendimenti privi di rischio, occorre per forza di cose prendersi qualche rischio, che deve essere però un rischio ben calcolato ma soprattutto essere rischio sistematico – caratterizzato pertanto da una elevata probabilità di essere solamente temporaneo – e non specifico, che al contrario può portare ad una perdita duratura del capitale. Per quanto riguarda i movimenti più tattici di portafoglio, per il prossimo periodo i segnali provenienti dai nostri modelli quantitativi ci suggeriscono di:

• Diminuire leggermente e gradualmente – possibilmente durante giornate caratterizzate da andamento positivo – l’esposizione azionaria, in considerazione del fatto che il recente movimento rialzista non appare supportato da solide basi fondamentali;

• Mantenere l’esposizione all’obbligazionario con rischio di credito leggermente al di sotto del peso stabilito in sede di asset allocation strategica.

• Aumentare gradualmente l’esposizione all’obbligazionario privo di rischio portandola a livelli leggermente superiori a quelli stabiliti in sede di asset allocation strategica.

Denis Manzi

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