Home Notizie del Giorno Visto per voi al teatro Nuovo: “Bartleby lo scrivano” con Leo Gullotta

Visto per voi al teatro Nuovo: “Bartleby lo scrivano” con Leo Gullotta

da Alessandro Carli

Il termine “prova d’attore”, usata e abusatissima nel linguaggio teatrale, calza invece a pennello quando Leo Gullotta (foto: Luca Del Pia) va in scena: che si tratti di Luigi Pirandello (passato anche a San Marino nel 2008 con “Il piacere dell’onestà”) o di Francesco Niccolini (che si è preso la briga di scrivere un testo attingendo dalla penna di Melville), poco importa, anzi. Attori si nasce, e semmai si può solamente migliorare. “Bartleby lo scrivano”, che ha fatto tappa al Teatro Nuovo di Dogana il 22 febbraio, è un’ennesima e preziosa tappa di crescita che l’attore siciliano sta compiendo da oltre mezzo secolo in tutta Italia.

Prova d’attore perché, al di là della bellezza struggente del testo, le battute del protagonista ruotano attorno a quattro parole, “Avrei preferenza di no”, ripetute con tempi, accenti e tonalità diverse (Bartleby dice anche altro, recita qualche variazione sul tema) per tutta l’ora e mezza di atto unico.

Già, il testo. Sin dall’ouverture è chiara l’idea di cosa si vuole raccontare: la metateatralità della ripetizione, dei giorni uguali ai giorni, delle maschere convenzionali (sì, “Bartleby lo scrivano” è uno spettacolo pirandelliano), del tempo che non scorre. Gli spettatori (non tantissimi, il 22 febbraio, forse a causa del Covid, difficile da estirpare mentalmente) si trovano catapultati in uno studio di un avvocato che, per superare l’impasse della quotidianità e rilanciare il suo lavoro, cerca un nuovo scrivano: quelli che ha, due impiegati complementari (nel senso che uno è operativo la mattina e l’altro nel pomeriggio) che non si sopportano e una segretaria civettuola, combinano poco. A fare da pendolo saviniano, una donna delle pulizie “lamentona” e fissata con l’ordine: è lei a dettare i tempi di entrata e di uscita dal palco degli attori.

Bartleby si presenta: efficientissimo, serio, scrupoloso. Un personaggio enigmatico, alienato, che sgobba ma che a un certo punto si inceppa, si ribella: decide di smettere per sempre di fare lo scrivano. Una rottura che tocca profondamente l’avvocato, uomo rigido ma anche profondamente umano. Questo affetto, questo slancio “sociale” però non salverà Bartleby dalla morte. Una morte serena, liberatoria, già scritta. Una morte metallica, umanamente apocrifa. E vera.

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