Il termometro della salute del settore manifatturiero è ancora “caldo”, sorretto da un aumento della produzione, di nuovi ordini e di acquisti che si mantiene costante. Almeno dal terzo trimestre del 2020, ovvero dalla fine del primo lockdown che ha caratterizzato per mesi l’economica a livello globale. A confermarlo è l’indice PMI (Purchasing Managers’ Index) elaborato dall’UPECEDS: come noto si tratta di un indicatore macro-economico utilizzato nell’analisi del settore manifatturiero, dei servizi e delle costruzioni. Nel caso del manifatturiero sammarinese, ovviamente il campione di imprese intervistate è quello delle aziende associate ANIS, che collabora a tal proposito con l’UPECEDS. Tale indice, che si basa sulle interviste ai responsabili degli acquisti, è strutturato in modo da indicare, oltre i 50 punti, “crescita ed espansione”, al contrario sotto questo valore implica “contrazione e declino”. Ovviamente è un’indicazione previsionale, sulla direzione dei cambiamenti di ogni sottoindice (ordini, produzione, tempi di consegna dei fornitori, occupazione, scorte) in modo da fornire un segnale in anticipo sull’espansione o contrazione nelle attività manifatturiere.
Nel caso di San Marino, l’indice viaggia in territorio positivo (oltre i 50 punti, quindi) da quasi due anni, anticipando di volta in volta quella espansione e crescita che poi è stata anche confermata dai dati economici riferiti al numero delle imprese (aumentate) e degli occupati (aumentati anch’essi). Tale crescita – o semplicemente ripresa, visti i livelli precedenti, non solo al periodo pandemico ma anche quelli degli anni prima – secondo le risultanze dell’indice PMI dovrebbe quindi mantenersi anche nei prossimi mesi. Il condizionale è d’obbligo, stante le tante variabili in gioco, molte esogene, altre interne. Anche per questo tale espansione va sostenuta da interventi mirati allo sviluppo economico.