Home Notizie del Giorno Letto per voi: “Lince” di Davide Brullo (Crocetti editore)

Letto per voi: “Lince” di Davide Brullo (Crocetti editore)

da Alessandro Carli

L’acume, nonostante la composizione chimica della palude su cui muove la sua penna è diversa, è il medesimo che si avverte in Stroncature: un “taglio” alla Lucio Fontana, netto, verticale, che apre gli occhi verso una voragine nera, nascosta. In Lince però, uscito nella seconda metà di gennaio per Crocetti Editore e impreziosito dall’introduzione di Giancarlo Pontiggia, Davide Brullo abbandona il “bestiario” degli scrittori VIP scorticati e messi sulla graticola (sulla griglia?) per accarezzare, con la mano ruvida, parte dello zoo che ha incontrano nei suoi percorsi danteschi: “Il cardinale passeggia con la lince / per deludere ogni idioma di aldilà” si legge nell’anticamera del viaggio poetico e siderale.

Colpisce, nell’ouverture “Arcadi” con Andrea Temporelli, il gioco grafico e semantico verticale del dialogo tra l’autore e l’antagonista dove la consonante D di Davide si alterna alla A di Andrea, formando un neo-manifesto Dada (DADA). Quasi sbeffeggiando il critico dell’American Art News che scrisse, a suo tempo, che “la filosofia Dada è la cosa più malata, più paralizzante e più distruttiva che sia stata pensata dal cervello umano”, Brullo intinge l’opera dell’Alighieri in una tazza di pura cristianità: “Nel primo cerchio di San Giulio le foglie / riassumono la Lettera agli Ebrei” anticipa di qualche pagina il quando disegnato “nel collo del gigante” che “vegeta un Getsemani in desideri”.

Nella “Cronaca artica” riappare l’animale che dà il titolo al volume (“Non hai gettato le ammissioni nel gelo – è un ottagono / per addomesticare le linci”) che con un movimento felino lascia il palco al poeta Aleksandr Sergeevič Puškin (“’il Nord mi annienta’ cita / Puškin levigando l’orgoglio alla chiglia / – dormire tra i ghiacci impedisce / ai ricordi – ne è convinto – l’accumulo / qualcuno ha scritto che i morti / vivono proprio qui tormentando / il bianco che pareggia gli iceberg ai re”).
Ma sono gli animali, quelli che incontra Virgilio-Brullo (certo, La Divina Commedia ma anche Le bucoliche e Le Georgiche), a dare le risposte ai dubbi dell’uomo: “Vorrei vivere nel bagliore del ‘sì’” disse / – dalla bocca del cane pendevano / fasci di vipere – “bisogna aggiornare / la spada sui ricordi e credere che la / congiura del gelo perfezioni in pianto / la sintonia aritmetica delle api”.

Tutto accade per testimonianza, per vissuto, purché “la regola inaridisca fino all’anulare del verbo”: ogni incontro “va disconosciuto proprio (per) ciò che ami”.

“Ciò che si pubblica è ciò che resta dopo un passaggio di iene: la lince, indifferente, slitta tra le macerie” scrive l’autore.
In fondo, “sappiamo dormire al giudizio di una candela”. Che è fatta di cera, quella delle api.

(Un buon dizionario di mitologia classica, una copia della Bibbia oppure Internet a portata di mano possono agevolare la comprensione delle liriche, alte, vorticose, di certo elettive).

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