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Editoriale: riforme sì, riforme no o rifor-mai?

da Daniele Bartolucci

“Sarà l’anno delle riforme” è il mantra che ripetono tutti i Segretari di Stato da qualche tempo, forse stanchi di trovarsi tutti gli anni il titolo di San Marino Fixing che li invita a farle, ste benedette riforme. Stavolta ci hanno anticipato e tra Natale e Capodanno, hanno lanciato il loro slogan. Alzi la mano chi non lo condivide. Lo titoliamo da una decina d’anni… Il problema è che quelle riforme non si sono ancora viste: pensioni, IVA, mercato del lavoro, pareggio del Bilancio dello Stato, Pubblica Amministrazione, ecc, ecc. Grandi e piccole riforme che attendono una soluzione da tempo, tanto, troppo tempo. E che, come ha più volte ammonito ANIS, più passa il tempo, più saranno difficili e con un impatto maggiore sul Paese. Ma restiamo ottimisti, e allora ben venga l’anno delle riforme. Peccato che il 2022 sia già iniziato e ora restano solo 11 mesi per fare queste riforme.

L’anno scorso si temporeggiò fino a marzo con l’ipotesi di un “cronoprogramma” che poi, nei fatti, si sciolse come la neve e alla fine non fu nemmeno presentato (ma comunque ha girato di mano in mano, almeno come bozza, per diverse settimane). Lo stesso dicasi della “riforma delle riforme”, sempre annunciata, ma mai concretamente partita: le pensioni. Di incontri ne sono stati fatti diversi, tanti, ma la sensazione è che siano ancora molto preliminari. Come per gli studi sull’IVA: ogni anno si trova il modo di dover analizzare qualcosa di nuovo, “preliminarmente” insomma. I preliminari sono importanti (ci scusiamo per l’immagine che può suscitare), ma non possono durare all’infinito.  Anche perché restano solo 11 mesi.

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