“Se il 2021 è stato l’anno dei vaccini, la speranza di tutti noi è che il 2022 porti con sé la fine di questa terribile pandemia. Allo stesso modo, l’anno appena iniziato dovrà portare San Marino al di fuori di questa lunga fase di difficoltà, proiettando il nostro sistema economico e sociale verso un nuovo modello di sviluppo, prima di tutto sostenibile, ma anche e soprattutto credibile e affidabile. Questa non può essere una speranza, però, è una richiesta ben precisa, che alla luce dei ritardi accumulati in questi anni diventa una legittima pretesa”. Le aspettative del mondo imprenditoriale sono dunque alte, come spiega la Presidente di ANIS, Neni Rossini, “così come lo sono le sfide che abbiamo di fronte, che non sono solo le riforme strutturali di cui il Paese ha urgente bisogno e che conoscevamo già prima della pandemia, ma anche e soprattutto le nuove linee di sviluppo su cui oggi tutto il mondo si sta proiettando. Per questo occorre velocizzare l’attuazione degli interventi necessari, perché se non sfruttiamo anche noi questa fase per ammodernare tutto il sistema, rischiamo di trovarci ancora più indietro rispetto agli altri Paesi. Più che una serie di riforme, non è azzardato parlare di una rivoluzione positiva: nell’approcciarsi ai problemi e nel cogliere le opportunità, in primis, ma anche – ed è quello che abbiamo chiesto a Governo e maggioranza – nel definire un progetto chiaro a cui tutti possano allinearsi e su cui far convergere le risorse”.
Presidente, partiamo proprio dalla richiesta di quell’incontro: quali sono le vostre perplessità?
“Siamo in una fase emergenziale, e non solo sanitaria purtroppo. Se è vero che il comparto industriale sammarinese ha dimostrato una grande resilienza, sfruttando i primi segnali di ripresa quando il virus ha allentato la sua presa, l’economia sammarinese in generale non si può dire che goda di ottima salute. Lo stesso dicasi del Bilancio dello Stato e della situazione debitoria. In un momento di tale difficoltà ci saremmo aspettati sicuramente più coraggio nell’affrontare le sfide delle riforme, che purtroppo non sono arrivate nemmeno nel 2021 e sono state rimesse in agenda per il 2022. Nel frattempo, nonostante sia ormai chiaro a tutti che l’economia reale ci ha salvati, mantenendo alti i livelli occupazionali, gli investimenti e quindi anche il gettito fiscale, non abbiamo visto tanti interventi in funzione e a favore di quello sviluppo economico che risolverebbe gran parte dei nostri problemi. Anzi, al contrario, abbiamo dovuto prendere atto di provvedimenti e intenti opposti a questa stessa idea, come se lo sviluppo dell’economia reale fosse un problema e non un bene, come se l’impresa fosse un nemico e non un pilastro della nostra società. Il Governo e la maggioranza che lo sostiene, che politica economica vogliono portare avanti? E’ questa in sintesi la domanda principale a cui chiediamo di rispondere con estrema chiarezza”.
Il riferimento è alla questione ampliamenti o ce ne sono altri?
“Purtroppo sono diversi i casi in cui abbiamo riscontrato una certa incoerenza tra la volontà di favorire lo sviluppo economico e i limiti o gli ostacoli imposti invece con taluni provvedimenti. Non serve elencarli ed entrare nello specifico, mentre è opportuno collocare anche questi casi in una visione più ampia, sia del presente che del futuro. Se non sarà l’economia reale, le fabbriche, i servizi, il commercio e il turismo a sostenere il nostro Paese e il suo welfare, dicano chi o cosa potrà farlo. Se invece, l’obiettivo condiviso e condivisibile è la crescita, allora occorre agire di conseguenza”.
Come fanno gli altri Paesi in questo momento?
“Esattamente. Con il difetto, nel caso sammarinese, che alcune riforme noi dovevamo averle già fatte anche prima della pandemia. Oggi tutto il mondo e in particolare i Paesi dell’Unione Europea, non stanno solo completando riforme necessarie, ma soprattutto stanno compiendo scelte epocali che li proietteranno forse prima di altri verso un nuovo modello, basato sulla sostenibilità economica e sociale, garantendo comunque lo sviluppo, aumentando il benessere delle persone sia a livello economico che di diritti e servizi. Hanno un obiettivo, hanno un progetto e su questi stanno investendo risorse eccezionali”.
San Marino non ha né l’uno né le altre?
“Il nostro Paese ha dei potenziali enormi, come dimostrano tantissime eccellenze che nel tempo si sono sviluppate dentro ai nostri confini, ma che hanno avuto successo anche all’esterno, sui mercati internazionali. Questo non basta, però, a qualificare un intero sistema: serve darsi un obiettivo, definire chiaramente che Paese vogliamo essere in futuro e da quell’obiettivo declinare progetti e investimenti. Per questi ultimi, come avviene per il privato, i finanziamenti si trovano solo se c’è un progetto credibile. Se invece usiamo questi prestiti per coprire solo spese correnti – il debito cattivo di cui ha parlato Draghi – la situazione non può che peggiorare”.
Il riferimento è dunque a quanto stanno facendo i Paesi europei e in particolare il governo italiano?
“L’Italia è il nostro principale partner commerciale e istituzionale, ma il nostro mercato di riferimento è quello europeo, anche per quanto riguarda le riforme. Non possiamo più limitarci a risolvere un problema, ma dobbiamo costruire una soluzione che ci permetta in futuro di evitare altre criticità, ragionando fin da subito su come interagirà tale intervento con le dinamiche del mercato unico. L’Accordo di Associazione – su cui tutti ora si sono detti convinti – è una tappa fondamentale, ma occorre che tutto il sistema si ponga nella maniera ottimale perché da questo passaggio si possano ottenere i massimi benefici”.
E’ in sintesi quel piano strategico che ANIS propone da tempo?
“Più che un piano è una visione diversa, un metodo di lavoro nuovo: ci sono sempre le riforme, ma le trasformazioni che si stanno rivelando necessarie sono nuove, ne emergono di nuove ogni giorno. Prendiamo l’esempio della sostenibilità: è un concetto che ANIS ha fatto suo anni fa, proponendo modelli e programmi basati, anche graficamente, su un’economia sana che sostenga il welfare e stimoli la crescita di tutto il sistema, anche delle competenze, e che venga a sua volta spinta e ricambiata da servizi pubblici ottimali e da un’amministrazione amica delle imprese e non focalizzata solo sul ruolo concessorio, autorizzativo o sanzionatorio. Oggi questo concetto è esteso a tutto, dall’economia all’ambiente, ma è tutto collegato: la responsabilità delle imprese ricade quindi sui lavoratori e le loro famiglie, ma anche sull’impatto ambientale, che riguarda sia le aziende che chi lavora e vive in un determinato territorio. Il passaggio culturale è enorme, perché tale responsabilità non è vista come colpa, ma al contrario, palesa un nuovo ruolo delle imprese nella società, dando loro una duplice valenza, sia per quanto riguarda la creazione di ricchezza, che di benessere della società, compreso il benessere dell’ambiente in cui vivere”.
La maggioranza sembra averla anticipata questa volta, annunciando che “il 2022 sarà l’anno delle riforme”.
“In verità mi sembra il titolo di una mia intervista di qualche anno fa, ma non mi interessano i primati, bensì che le cose da fare si facciano, presto e bene. Se hanno scritto così in quel comunicato congiunto, ci aspettiamo azioni conseguenti e di certo ANIS, come sempre, non farà mancare il proprio contributo di idee, competenze ed esperienze. Così come non mancheremo di stimolare e pungolare il Governo su questi temi, come abbiamo fatto anche l’anno scorso quando proprio in questo periodo ci annunciarono un cronoprogramma che poi purtroppo non abbiamo visto, né sulla carta né nei provvedimenti. Al di là delle difficoltà causate dalla pandemia, ci saremmo aspettati di più, ma diamo atto anche che qualcosa è stato fatto: gli interventi per il sistema bancario, ad esempio, hanno iniziato ad arrivare, anche se per completare il tutto mancano ancora diversi passaggi. La riforma del mercato del lavoro ha iniziato a muovere i primi passi e l’auspicio è che si possa anticiparne il completamento rispetto all’ipotizzato 2024. Sulle pensioni la discussione è in corso, mentre invece sulla spending review aspettiamo che si aprano i confronti. L’agenda delle riforme sarebbe già piena così, ma l’elenco è molto più lungo e, come detto, abbiamo di fronte anche delle nuove sfide. La recente diatriba sull’aumento delle tariffe, ad esempio, solleva alcuni interrogativi che come ANIS avevamo già posto da tempo: qual è la strategia energetica del nostro Paese? Mentre gli altri Paesi progettano impianti di biogas, accendono termovalorizzatori, installano depuratori e arrivano a rivedere perfino la tassonomia degli investimenti sostenibili introducendovi il nucleare, noi non abbiamo ancora normato la cogenerazione industriale e restiamo totalmente dipendenti dall’esterno per tutti gli energetici, oltre allo smaltimento dei rifiuti. E’ un ritardo che possiamo trovare in ogni aspetto della nostra economia, basti pensare al digital: se sommiamo questi nuovi cambiamenti alle riforme già note, possiamo dire che il 2022 non dovrà essere solo l’anno delle riforme, ma di una positiva rivoluzione del nostro sistema economico e sociale”.