La dichiarazione delle attività patrimoniali, finanziarie e quote societarie possedute all’estero (DAPEF) – ha la mera funzione dichiaratoria e non prevede imposte su questi patrimoni. Se il fine è dunque quello di un monitoraggio, risulta abnorme e del tutto sproporzionata la possibile azione sanzionatoria verso chi, anche in buona fede, ometta o dimentichi di dichiarare di possedere alcune di queste attività all’estero.
Più precisamente l’omessa dichiarazione e la dichiarazione infedele sono assoggettate alla sanzione pecuniaria amministrativa pari al 20% dell’ammontare degli importi non dichiarati, con un minimo di euro 1.000”, e per gli importi non dichiarati, superiori a euro 100.000 o euro 500.000 se riferiti a beni immobili, si applica la sanzione pecuniaria amministrativa del 30% sulla parte eccedente dei predetti valori: un livello dieci volte più alto di quello previsto in Italia, per citare uno Stato a noi vicino.
Questo intervento sta generando un impatto molto negativo sul sistema economico sammarinese, perché palesa – nuovamente, purtroppo – un atteggiamento contro l’impresa, sia nei confronti di quanti già operano in territorio, sia per quanto riguarda l’attrattività verso nuovi imprenditori e investitori. È la stessa visione che riscontriamo anche in altri ambiti, come quando un’impresa ha la necessità di crescere e di fronte alla richiesta di ampliare gli stabilimenti produttivi si trova un pregiudizio quasi ideologico che ne frena lo sviluppo.
Questa norma è in netta contraddizione con quelle volte ad agevolare l’ottenimento della residenza da parte di soggetti esterni o quella allo studio per favorire il rientro dei capitali dall’estero.
È un atteggiamento che San Marino non può permettersi, soprattutto in una fase come quella attuale dove la nostra economia va tutelata e lo sviluppo è sostenuto con le nostre sole, limitate forze, non potendo fruire di risorse aggiuntive come invece hanno altri Paesi, ad esempio quelli dell’Unione Europea.
Già durante questa estate, di fronte all’intervento di modifica che ha portato all’ingiustificato inasprimento di queste sanzioni, la nostra Associazione insieme ad altre categorie compresi i professionisti, aveva caldamente sollecitato il Governo per riequilibrare la norma. Purtroppo prendiamo atto che il Congresso di Stato ha adottato il Decreto Delegato n.196 del 7 dicembre 2021, che non ha recepito le nostre istanze. A questo punto chiediamo a gran voce che in sede di ratifica il Consiglio Grande e Generale ascolti le richieste che provengono da categorie economiche e professionali, apportando i giusti correttivi.
ANIS