Home Notizie del Giorno Visto per voi al Teatro degli Atti: “Tabù” di Quotidianacom

Visto per voi al Teatro degli Atti: “Tabù” di Quotidianacom

da Alessandro Carli

I “Tabù” di Quotidianacom non sono né alla liquerizia né bianche ma semplicemente senza zucchero: il retrogusto della pièce, inserita nel cartellone teatrale di Rimini e offerta al pubblico la sera del 4 novembre agli Atti, lascia in bocca qualcosa di amaro, vero, autentico.

Coerente con la poetica scenica della compagnia – sul troviamo sempre Roberto Scappin e Paola Vannoni (foto: Luca Del Pia) -, il lavoro, “osservato” e/o diretto dal mezzobusto di Aristotele illuminato per tutta l’ora di durata -, “Tabù” parte da un pre-testo (quello di una mail ricevuta in cui si chiede un riscatto in bitcoin in quanto qualcuno ha visitato i siti a luci rosse) che dà poi il semaforo verde a un vero testo, un flusso di riflessioni sul proibito e sul lecito.

Il copione è una lama che taglia i massimi sistemi e che apre ferite, che schiarisce i coni d’ombra delle relazioni sociali e familiari: Roberto, per giustificare la visione dei video hard, afferma che “il poliamore è un traguardo”. Paola, poco dopo, replica l’accusa di essere poco attenta all’intimità con una secca distanza: “Io leggo Simenon mentre tu fai le pratiche clandestine”.

Il ritmo “accusatorio” attraversa costantemente lo spettacolo: “Sono misogino perché sono vessatore” si difende Scappin, che poi allarga l’orizzonte: “Il matrimonio è peggio della pena di sposarsi” le dice prima di farsi abbracciare dal solipsismo. “Sono intristito per quello che penso e non per quello che ascolto” afferma, ma la risposta è spiazzante: non bisogna conquistare un uomo ma la distanza da lui.

I “Tabù” che escono dalla scatolina metallica tonda è una lotta Quotidiana: tabù è essere ciò che si è, tabù è essere lasciati, tabù sono le esigenze individuali. Quindi, per Roberto, “l’unica forma di sopravvivenza è non evolversi”.

L’amaro della liquerizia è tutto qui: sgranare i divieti, cercare scuse, permettere che le proprie colpe nascano dalle mancanze di chi ci è vicino. Giustificare il vuoto con ulteriore vuoto. Nell’incomunicabilità che è il vero dialogo (ben rappresentato, in maniera totemistica, dal viso bianco di Aristotele) tra le persone.

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