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Lib(e)ro di leggere e di vivere una storia

da Simona Bisacchi

Un buon romanzo non deve essere costruito intorno a un messaggio. Non si deve estrapolare da ciò che racconta un insegnamento didascalico e universale.

Un buon romanzo deve narrare una storia. E la deve narrare in modo così potente, da affidare a ogni lettore un’informazione, o uno spunto di riflessione totalmente soggettivo.

Quello che il libro lascia è interamente dedicato a te, ai tuoi occhi. Condivisibile, forse. Ma non assoluto.

Quando leggi un romanzo, in ogni riga della storia, in ogni personaggio ci sono l’intenzione e la capacità dell’autore di raccontare. Ma non solo.

C’è anche l’intenzione con cui tu, lettore, affronti la lettura e l’esistenza. C’è la tua capacità di sognare, di immaginare, di perdonare, di essere nella vita.

Ogni autore deve accettare che la storia che scrive, una volta pubblicata e condivisa, non gli appartiene più.

Non totalmente, almeno.

Ogni lettore sarà libero di ridere in punti che lui aveva calcolato drammatici. Potrà rimanere serio e indifferente in passaggi che lui aveva previsto ilari.

E scoprirà solo alla fine quale ricchezza – o miseria – gli ha lasciato, al di là di tutti gli sforzi dello scrittore.

“Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare e il verbo sognare” sottolinea Daniel Pennac in “Come un romanzo”.

La storia di ogni lettore è piena di libri lasciati a metà, libri odiati, libri buttati.

Ci sono libri che sono dei buoni compagni di viaggio per qualche ora. Sono la tua pausa caffè, quei cinque minuti prima di spegnere l’abatjour, il relax della domenica mattina. Nulla di più, ma anche nulla di meno: mai sottovalutare gli attimi di leggerezza, che un libro e la musica possono darti. Voltaire non aveva dubbi a riguardo: “Lasciateci leggere e danzare, due divertimenti che non potranno mai fare del male al mondo”.

Ma ci sono libri che risuonano per giorni, dopo averli finiti.

Perché ti hanno commosso. Perché ti hanno spronato.

A volte perché hanno fatto luce su pensieri a cui non riuscivi a dare una forma completa, come se il libro fosse arrivato a sbloccare una riflessione che si era incagliata nel mare dei tuoi perché.

Come scrive il filosofo di origine indiana Jiddu Krishnamurti, “Devi capire l’interezza della vita, non solo una parte di essa. Ecco perché devi leggere, ecco perché devi guardare i cieli, ecco perché devi cantare e danzare, e scrivere poesie, e soffrire e capire, perché tutto questo è vita”.

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