Segnatevi il suo nome, Lucio Corsi, perché ne sentiremo parlare ancora (e di certo bene). Tappa romagnola (l’ultima della tournée “Cosa faremo da grandi?”, da oggi si metterà sotto a scrivere il nuovo album) al Verucchio Music Festival, il 28 luglio, davanti a una numericamente buona platea. Cantautore che spazia dal folk pop al glam rock, Lucio Corsi e la sua band (foto di Giulio Rosini e Paola Benzi) sul palco sono qualcosa di enormemente bello e semplice, come quando mezzora prima dell’inizio dell’esibizione ha fatto due passi in platea a salutare i primi spettatori: “Ci vediamo tra poco” ha detto, dando la mano a quelli della prima fila (ma non si è risparmiato nemmeno a fine concerto quando si è fermato per le foto e per scambiare due chiacchiere).

L’attacco – con Lucio che si presenta con le scarpe glitterate col tacco e le unghie laccate, stilosissimo – è un fulmine di poesia alta e di energia di chitarre: in “Freccia bianca” canta “il buio ci mastica e ci sputa” (immediato il pensiero a “Ho visto Nina volare” di Fabrizio De André), e prosegue spiegando che “sentirsi soli in una grande città / fa più male che dalle mie parti. / Mi tagliano la gola queste armi bianche / le punte delle Alpi”. Un pezzo molto “Bowie” anche se l’accostamento al Duca Bianco non finisce qui: “La lepre” difatti porta alle meravigliosa “Space oddity” e a “Life on Mars?” (Corsi racconta: “Houston, che sfortuna / siamo arrivati tardi, c’è una lepre sulla luna. / E c’è arrivata prima di noi, nello spazio / senza troppo impegno, gli è bastato un salto”).

Poi, in ordine sparso, il rock contagioso de “Il lupo” – con un assolo nel mezzo che “spacca” – “L’orologio”, “Bigbuca”, “Onde”, “Amico vola via”, “Boy altalena”, una manciata di cover (la tradizionale “Maremma amara”, un canto meraviglioso interpretato anche da Nada e Gianna Nannini, un pezzo di Lucio Dalla e “Bufalo Bill” di Francesco De Gregori”), una canzone (poco) d’amore, “La ragazza trasparente” (con questa pennellata: “Dato che è trasparente può esser tutto / anche una notte d’estate / baciata dalla sorte / dimmi se le mani te le stringo troppo forte”) e due bis che, come ha detto lo stesso Corsi, devono essere bis, cioè due pezzi già fatti, e quindi “Trieste” (con l’imprevisto della terza corda della chitarra spezzata) e “Amico vola via”.
Difficile dire cosa faremo da grandi. Lui, Lucio Corsi e la sua band, lo sanno già: gli artisti.
