Home Dal giornale Speciale cultura: adesso ci vuole uno sforzo in più

Speciale cultura: adesso ci vuole uno sforzo in più

da Simona Bisacchi

C’è spensieratezza nell’aria. Perché l’inverno è finito. Ed è stato lungo e pesante.

C’è spensieratezza nell’aria, perché è ciò di cui si ha voglia, ciò a cui siamo invitati. Basta problemi, complicazioni, giornate in casa.

L’estate è a un passo e si torna tutti adolescenti che stanno per finire la scuola e pensano solo al mare, alle vacanze, agli amici.

Poi però ti guardi allo specchio e devi ammettere che diciassette anni non li ha più da un pezzo.

Che il sole aiuta l’umore ma non scioglie i problemi.

E aver voglia di leggerezza non significa riuscire a crearla.

Ci vuole uno sforzo in più. Più profondo.

Finché tutto rimane in superficie – i sorrisi, i discorsi, le uscite – sembra che un vecchio ritmo stia piano piano riprendendo, è un ritmo certamente diverso ma simile a quello che hai ballato a lungo.

Ma se interrompi un attimo la danza – quella danza che non vedevi l’ora di riprendere, quella a cui sei abituato – ti accorgi che il ritmo non solo è cambiato, ma ha un sottofondo che prima non c’era.

Il battito della tempesta non ha ancora lasciato la melodia e per quanto alzi il volume per farlo tacere, quel battito pulsa e non basta tapparsi le orecchie per non sentirlo.

È inutile ignorarlo.

Vale la pena ascoltarlo.

Vale la pena di affinare l’arte sottile del ricercare – non “fingere” – serenità, anche in mezzo alla tempesta.

Allenando la speranza, perfezionando la forza di combattere, perché “Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato” (“Kafka sulla spiaggia”, Haruki Murakami).

Per stare in equilibrio su una barca che barcolla, bisogna trovare solidi punti di appoggio.

Innanzitutto trovare un perché.

Un perché – valido, sentito, sincero – alla fatica, ai sacrifici e alla difficoltà.

Un perché che rafforzi l’entusiasmo, perché senza è difficile uscire da qualsiasi melma.

Poi fare un passo indietro rispetto a tutti i “farò”, “andrò”, “sarà”, e accorgersi che il “faccio”, “vado”, “sono” appartengono alla stessa voce verbale ma sono declinati in un tempo su cui hai un po’ più di controllo.

E mentre la barca continua a vacillare, teniamo gli occhi rivolti alle stelle per cercare la direzione giusta, ma non dimentichiamoci di aggrappare bene le mani al timone per seguire la rotta in ogni istante, per guadagnare ogni centimetro di mare concesso, senza che venti contrari e bizzarri decidano per noi la via da percorrere.

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