Home FixingFixing Cristiano Cavina e il suo favoloso mondo di libri: dall’esordio al “foyer” dello “Strega”

Cristiano Cavina e il suo favoloso mondo di libri: dall’esordio al “foyer” dello “Strega”

da Redazione

Il suo esordio, nel 2003, è stato straordinario: con “Alla grande”, nel 2006, ha vinto il Premio Tondelli.

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di Alessandro Carli

 

Cristiano Cavina ha almeno due talenti (in realtà ne ha molti di più): è un ottimo scrittore, in prima battuta. E ha il merito di aver fatto conoscere il suo paese, Casola Valsenio, in provincia di Ravenna, dove ha ambientato quasi tutti i suoi libri.

Il suo esordio, nel 2003, è stato straordinario: con “Alla grande”, nel 2006, ha vinto il Premio Tondelli. “Nel paese di Tolintesàc”, pubblicato sempre per la casa editrice Marcos y Marcos, è stato definito un “piccolo grande best seller felliniano”. E con “Un’ultima stagione da esordienti” ha raccontato l’epopea “romagnola” di una squadra di calcio, la sua, negli anni Ottanta. Lo scorso anno, in occasione del centenario della nascita di Federico Fellini (1920), moltissimi studiosi e autori hanno tracciato i segni del Maestro. Un po’ colpevolmente – impressione del tutto personale – non è stato tirato in ballo. Peccato: le celebrazioni sono sempre rivolte al passato, a quello che è stato o stato fatto, e quasi mai ai “semi” lasciati, lanciati, e che sono germogliati.

 

Con “I frutti dimenticati” è stato candidato al “Premio Strega 2020”: se lo aspettava?

 

“La candidatura non è così impossibile perché è abbastanza libera. Sono stato ‘presentato’ da ‘due padrini’, Ernesto Ferrero e Valeria Parrella. Ho superato la prima selezione ma non mi aspettavo invece che mi scegliessero tra i 12. Poi mi sono fermato proprio all’ingresso del Ninfeo”.

 

L’hanno definita “felliniano”: è d’accordo?

 

“Se penso ai primi libri direi di sì. Oggi scrivo con la penna e la carta ma ai tempi di ‘Tolintesàc’ utilizzavo il computer. Ricordo che nel pc avevo le musiche di Nino Rota. Dopo il primo volume, ambientato a Casola, mi dissero che il secondo andava ‘girato’ in un posto che non fosse ‘casa mia’. Io invece l’ho collocato sempre a Casola: per me devi fare i conti con il tuo vissuto, con il mondo che hai dentro. Io provengo da una fascia montana della Romagna, nel mio immaginario non c’è la sabbia della Riviera ma la nebbia. Dopo l’uscita del primo libro, assieme a un gruppo musicale portavo in giro le musiche di Rota. Assieme al regista riminese Filippo Cesari (che ha girato anche un cortometraggio su un testo di Cavina, ‘Il grande Piter Tozzi’, ndr) sono andato a intervistare Titta Benzi. In quell’occasione ho avuto la conferma che Federico Fellini fece tanti guai e tanti disastri, ma poi come fai a non volergli bene?”.

 

Come è cambiata la sua scrittura da “Alla grande” in poi?

 

“Mi sono asciugato. Alcune frasi che ho scritto nei primi libri oggi non le utilizzerei. Nelle prime pubblicazioni c’erano tante similitudini. Adesso non racconto più l’infanzia a Casola. ‘Alla grande’ ci ha messo un po’ ad uscire: avevo un po’ di idee che mi frullavano per la testa e che hanno richiesto tempo per metterle assieme. Adesso ho due progetti: un libri per i ragazzi e un romanzo”.

 

Come vede il panorama letterario attuale e le versioni e-book?

 

“Chi si è dato da fare sta lavorando bene: la crisi può essere un momento di crescita. Certi libri li acquisto e li leggo solo su carta, altri invece in versione digitale. John Grisham rientra in quest’ultima categoria, anche perché le sue pubblicazioni sono voluminose e rischierei di riempiere velocemente la libreria. Non sono ortodosso o purista: alcuni titoli li preferisco in carta, altri no. Eduardo Galeano, il mio scrittore preferito, lo prendo solo in cartaceo”.

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