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San Marino, pubblicazioni: come essere felici e produttivi in ufficio

da Redazione

Lo racconta Roberto Lucchi, Direttore Generale della Linekit Spa, nel suo libro. “Il mio consiglio è quello di vedere in toto l’arredo: è un investimento e non un costo” racconta a Fixing.

Lucchi Roberto

 

di Alessandro Carli

 

Pianificazione, obiettivi, riunioni, budget. Ma anche stress, prodotti da creare e da lanciare, videochiamate (siamo nell’era Covid-19), promesse e incontri con i fornitori e i rappresentanti. Si può essere felici in ufficio? È quello che spiega Roberto Lucchi, direttore generale della Linekit spa (azienda sammarinese specializzata in arredi per ufficio), che a fine 2020 ha pubblicato un libro, “Happiness in your office” (editore Studiostampa New Age, il libro si trova su Amazon; ai soci ANIS Roberto Lucchi lo dona in omaggio, basta inviare una mail a r.lucchi@linekit.com) appunto, rivolto soprattutto a manager, imprenditori, liberi professionisti e impiegati.

Ma non solo. La prima pennellata già a pagina 22, quando racconta dei punti di forza dell’impresa: “Un buon produttore deve saper progettare e realizzare mobili in grado di influenzare positivamente il rendimento del personale; l’abbattimento dei costi aziendali che ne consegue è un fattore rilevante per ogni imprenditore” scrive lo stesso Lucchi.

 

Si può essere felici anche in ufficio. Sa che non tutti sono d’accordo. Proviamo a far cambiare loro idea?

 

“Il titolo è provocatorio. L’imprenditore ha un approccio, il dipendente un altro. Si trascorrono tante ore in ufficio: credo che sia importante fare uno sforzo per vivere bene questo tempo. Dal mio punto di vista l’imprenditore dovrebbe cercare di far star bene chi lavora per lui. La felicità in ufficio è data da tante cose. Un ambiente ben fatto, ben arredato per esempio. Stare seduto tante ore è un problema serio. Per questo il miglior acquisto che si possa fare è una scrivania elevabile in altezza. Il mio consiglio è quello di vedere in toto l’arredo: è un investimento e non un costo. Per esperienza vi assicuro che partire con la logica dell’investimento anziché della spesa, può cambiare sensibilmente il risultato finale. Ma non è un concetto facile da far digerire a imprenditori e direttori acquisti”.

 

L’arredamento si può cambiare. I colleghi invece no. Come si può quindi “vivere” serenamente nei luoghi di lavoro?

 

“È chiaro che se in un ufficio le persone collaborano, posso avere un open space che permette anche di interagire. Parlare migliora il lavoro. Se invece nello staff ci sono dipendenti ‘scorbutici’ è meglio separare gli spazi. Una buona soluzione è rappresentata dalle pareti divisorie mobili, in pochi minuti si può creare uno spazio aperto ma anche una suddivisione degli ambienti”.

 

In tre parole, come riassume la sua “guida”?

 

“Design, benessere e produttività”.

 

Che sensazioni ha provato quando ha tenuto in mano il libro?

 

“Il libro non è un manuale tecnico ma vuole informare, con ironia e leggerezza, come realizzare un ‘ufficio perfetto’. Mi occupo di comunicazione e marketing e credo che questo volume possa essere uno strumento importante per migliorare il clima in azienda. Per me l’acquisto dell’arredo non è una cosa banale, anzi. Come detto, può incidere molto sulla produttività. L’idea iniziale è stata quella di raccogliere la mia esperienza di tanti anni di lavoro. Temevo che uscisse un libro ‘noioso’ e quindi ho deciso di inserire alcuni racconti, alcuni aneddoti personali”.

 

Il libro è stato scritto nel 2020, l’anno del lockdown. Troviamo anche lo smart working?

 

“Lo smart working è stato il grande cambiamento e credo che non terminerà con la fine della pandemia. Alcuni studi di settore hanno evidenziato che le case stanno diventando sempre più piccole perché i costi sono aumentati. La Cancelliera Angela Merkel ha dichiarato di aver reso obbligatorio lo Smart Working. Secondo me si continuerà a lavorare in maniera alternata: alcuni giorni in ufficio, altri invece da casa. Molte aziende hanno ‘cavalcato’ la crisi puntando sulle vendite online. In Linekit abbiamo registrato una corposa crescita di persone che hanno comprato con Codice Fiscale e non con Partita IVA: si tratta di privati che hanno deciso di ‘ingentilire’ i proprio spazi domestici, sia di vita che di lavoro”.

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