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San Marino, ANIS: “Il 2021 è l’anno del vaccino, ma anche delle riforme”

da Redazione

La Presidente Neni Rossini: “Sparito il virus, restano i problemi che San Marino aveva già prima della pandemia: per questo chiediamo al Governo e a tutto il Paese di agire con determinazione”.

Neni Rossini William Vagnini mascherina

 

di Daniele Bartolucci

 

“Il 2021 è già l’anno del vaccino e grazie ad esso forse riusciremo finalmente a metterci alle spalle la pandemia che ancora sta bloccando tutto il mondo. Ma per San Marino deve essere anche il momento della ripartenza e delle riforme che da troppo tempo il Paese attende”. È su questo binario che la Presidente ANIS, Neni Rossini, vede muoversi l’anno appena iniziato, consapevole della portata delle due grandi sfide che vanno affrontate da subito, “perché c’è un’emergenza sanitaria, ma c’è anche un’emergenza economica che rischia di fagocitare tutto e tutti se non verranno prese le giuste contromisure”.

 

La parola “emergenza”, dunque, non è scomparsa con il 2020 dal calendario?

 

“Purtroppo no e, anzi, stiamo affrontando una nuova ondata di contagi che molti non avevano previsto. Per questo motivo diventa ancora più urgente avviare una campagna vaccinale che ci permetta, nel più breve tempo possibile, di entrare in una fase più sicura per la salute delle persone e con meno restrizioni per tutti, imprese comprese”.

 

Molti Paesi, seppur con molte difficoltà, l’hanno già avviata. Perché San Marino non l’ha fatto?

 

“Le motivazioni che sono state fornite tengono conto di diverse dinamiche, la prima delle quali è ovviamente che la Repubblica di San Marino deve in qualche modo fare da sola, non facendo parte dell’Unione Europea. Sappiamo degli incontri e del recentissimo accordo con l’Italia e siamo fiduciosi si possa ottenere un sostegno importante, così come è stato durante la primavera scorsa. D’altronde nessuno può avere interesse a mantenere una situazione a rischio all’interno dei propri confini e inoltre il nostro fabbisogno di vaccini per coprire tutta la popolazione sammarinese è davvero esiguo per quantità. Riuscire ad effettuare la vaccinazione di una grande parte della popolazione in tempi brevi ci permetterebbe di poter avere una gestione interna più flessibile della pandemia, considerando anche la nostra impossibilità di accedere alle risorse a fondo perduto per esempio dell’Unione Europea. Molto, però, dipende dalle relazioni diplomatiche ed è questo il momento di mettere alla prova la bontà dei rapporti bilaterali”.

 

Il vaccino e l’imminente cura potranno cambiare quindi la situazione?

 

“Certamente a livello globale l’impatto sarà enorme. Nessuno potrà mai dimenticare la tragedia portata dalla pandemia con il suo carico di vittime, l’isolamento del lockdown, lo smarrimento, la sofferenza, i lugubri bollettini giornalieri che ci hanno messo di fronte ai significati più intimi dell’esistenza. E d’altro canto non possiamo sapere se e quanto si potranno compensare i danni subiti dall’economia. Il mondo che conoscevamo è stato profondamente segnato da questa esperienza e molte cose sono cambiate, alcune probabilmente per sempre. Altre, invece, dovranno essere ridisegnate per soddisfare nuove esigenze e, questo l’auspicio, anche nuove buone pratiche, come ad esempio la digitalizzazione di diversi servizi che riduce costi, spostamenti e rischi. Ma fino a quando il virus potrà circolare saremo comunque bloccati in questa fase, oscillando tra zone arancioni, gialle o rosse. Prima si bloccherà il virus, prima potremo tornare a una vita normale e completare anche le ulteriori necessarie trasformazioni”.

 

Sparito il virus, però, non spariranno anche gli altri problemi, giusto?

 

“Questo è l’altro fondamentale aspetto su cui ANIS si è battuta durante tutto il 2020: l’emergenza economica che ci troviamo ad affrontare non è causata solo dalla pandemia, ma ha origini precedenti e molto profonde. Il Bilancio dello Stato non era in salute nemmeno un anno fa e il debito pubblico aveva già dimensioni preoccupanti, tanto che da anni si parlava di un finanziamento esterno per reperire risorse aggiuntive. Alcuni settori economici in particolare sono stati colpiti duramente dalle restrizioni agli spostamenti – come il turismo e il commercio – ma l’economia sammarinese in generale sta attraversando difficoltà da diversi anni. Lo stesso comparto manifatturiero, che rappresentiamo, ha ottenuto mediamente risultati positivi nel quadriennio, come emerge dal nostro Osservatorio, ma non vale per tutti i settori e comunque l’industria e altri importanti comparti avrebbero potuto fare molto di più se non avessero dovuto subire tutte le carenze del nostro sistema”.

 

Il finanziamento esterno, però, ancora non si è concretizzato, eccezion fatta per il prestito ponte da 150 milioni di euro.

 

“Purtroppo le condizioni di mercato non sono certamente favorevoli a San Marino, ma penso che alla base non vi sia un pregiudizio nei confronti del nostro Paese, piuttosto alcuni dati di fatto: i numeri del nostro Bilancio, l’esagerata spesa corrente e la mancanza di una seria pianificazione per lo sviluppo economico – tutte questioni che ANIS ha sollevato da tempo – portano qualunque prestatore ad allontanarsi o, nel caso migliore, ad alzare il prezzo. In linea di principio, da imprenditori conosciamo bene l’utilità e il potenziale positivo e costruttivo del debito, perché è normale per le aziende sane utilizzare finanziamenti per realizzare i propri investimenti. Ma si tratta appunto di investimenti, con obiettivi chiari e consapevolezza di come ripagarli, e se non ci si presenta con i conti in regola e un piano di sviluppo che garantisca il rimborso del prestito, nessuna banca, fondo o privato investitore accetterà mai di mettere a rischio i propri capitali. Lo stesso vale per lo Stato che – è evidente – non ha fatto quanto necessario per migliorare la sua reputazione finanziaria, come dimostrano i vari downgrade subiti negli ultimi anni da parte delle maggiori agenzie di rating mondiali”.

 

Cosa avrebbero dovuto fare questo Governo e quelli precedenti?

 

“Le riforme. Sembra una risposta semplice e ripetitiva, in effetti lo ripetiamo da anni. Da troppi anni possiamo dire, basta leggere il libro dei 75 anni di storia dell’ANIS appena pubblicato per rendersi conto di quanto ritardo sia stato accumulato. Di interventi da fare ce ne sarebbero tanti, ma basterebbe focalizzarsi solo su alcuni di essi, quelli prioritari che hanno un impatto enorme su tutto il sistema, in termini di risultati positivi se portati a compimento, sia di ulteriori danni che ne deriverebbero se non effettuati. La messa in sicurezza del Bilancio dello Stato, ad esempio, si può basare su una sana, determinata spending review che renda la Pubblica Amministrazione più efficiente e, come ci invita a fare da tempo il programma Doing Business della Banca Mondiale, anche un volano per l’economia, togliendo burocrazia e costi alle imprese. Ma non basta risparmiare e ottimizzare le risorse, perché sappiamo quanto impattino sul Bilancio anche altre riforme strutturali come quella delle pensioni, che è improcrastinabile. Così come la messa in sicurezza del sistema bancario, che ancora oggi blocca tutto il resto: è prioritario costruire una soluzione perché possa tornare appieno al suo ruolo di sostegno allo sviluppo delle imprese, che è la strada maestra per rilanciare tutto il sistema. Sviluppo che non può prescindere dal miglioramento dell’interscambio commerciale con l’introduzione, che auspichiamo imminente, della fatturazione elettronica, a cui si deve finalmente accompagnare il passaggio ad un sistema IVA per le imposte indirette. Lo stesso dicasi per il nuovo Piano Regolatore Generale che dovrà disegnare le traiettorie, se vogliamo anche fisiche, di questo nuovo sviluppo, con un impatto concreto sull’edilizia e tutto l’indotto che questa può trainare. Purtroppo i nostri continui appelli ad avviare le riforme prioritarie non hanno ancora fatto breccia nei vari Governi che si sono susseguiti nel tempo, ma siamo convinti che la pandemia abbia ancora di più messo a nudo queste problematiche e si possa quindi intervenire quanto prima, anche per rendere sostenibile un eventuale indebitamento da centinaia di milioni di euro come previsto”.

 

Il Governo è infatti convinto di poter portare a casa l’operazione collocamento: come utilizzare al meglio queste risorse?

 

“I titoli di debito fino a 500 milioni di euro, di cui sembra verrà collocata solo una quota da 300 milioni, servirà invero a ristrutturare in parte il debito attuale, mentre l’altra quota – è stato detto – andrà a finanziare gli interventi prioritari. A questo si aggiunge il prestito ponte da 150 milioni di euro, da restituire quindi tra pochi mesi. Al di là delle cifre, la sostanza non cambia: sono risorse che devono essere investite in progetti reali e credibili, utili a innescare la ripresa economica e a garantire che in futuro non si riverifichi una situazione di così grave dissesto. È chiaro comunque che se dovessero rendersi necessarie nuove risorse per investimenti seri e di prospettiva come le grandi opere pubbliche, lo Stato dovrà essere in grado di rimborsare i prestiti a interessi sempre minori, ed è per questo che le riforme sono indispensabili”.

 

È un messaggio rivolto al Governo?

 

“Al Governo in particolare, ma anche al Paese come comunità, affinché tutti lavorino uniti per lo stesso obiettivo, evitando di bloccare o rallentare le iniziative più urgenti. Con l’Esecutivo abbiamo avuto nei mesi scorsi una serie di incontri per condividere le nostre preoccupazioni, rinnovare la disponibilità al confronto sui vari aspetti delle riforme e a dare tutto il nostro massimo contributo per realizzare gli interventi migliori possibili. Purtroppo dobbiamo constatare che non ci sono stati grandi passi in avanti, per questo chiediamo con ancor più forza al Governo di attivarsi nella direzione delle riforme ed essere efficace: tutto il Paese deve avere più consapevolezza dell’urgenza che abbiamo di fronte e ognuno deve sentirsi responsabile della costruzione dei cambiamenti a cui siamo chiamati, perché in molti casi non saranno né semplici né indolori. Una cosa è certa, però, il tempo dei litigi e della difesa dei piccoli interessi è finito: il 2021 deve essere l’anno delle riforme”.

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