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Speciale cultura: com’era visto il Monte Titano 400 anni fa

da Redazione

Un acquerello di Fiorenzo Mingucci del 1626 ha “fermato” la “parte alta” Repubblica di San Marino. Maria Antonietta Bonelli: “Una visione della città guardata e protetta e un nucleo abitativo raccolto”.

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di Alessandro Carli

 

Oggi è tutto facile e veloce: smartphone, macchine fotografiche digitali, droni, eccetera. Ma ieri, o l’altro ieri, com’era visto e rappresentato il Monte Titano? Nel 1990, per Flaminio Mainardi Editore, sono state pubblicate “Cinque stampe di San Marino tra il Seicento e l’Ottocento” sulla prestigiosa carta “Rusticus” delle Cartiere Miliani di Fabriano (Italy).

La prima è un acquerello di Fiorenzo Mingucci del 1626 e proviene dall’Archivio Segreto Vaticano – Codice Barberiniano Latino. Un autore quasi sconosciuto, Mingucci. Si sa che era pesarese e che lavorò molto anche nell’entroterra, quindi a Urbino. Il sito www.lavalledelmetauro.it racconta che visse “fra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento” e che “è immeritatamente rimasto una figura di secondo piano nel panorama artistico del tempo, nonostante i positivi giudizi espressi dai suoi contemporanei. Varie fonti lo ricordano, infatti, come ‘pittore di quadrerie’ (Lanzi, 1809, p. 135), ‘bravo disegnante’ (Malvasia, 1678, p. 447), o ne esaltano ‘l’egregio valore’ (Bonamini, 1996, pp. 97 e 118) e le abilità di ‘miniatore, pittore paesista e di figure, incisore all’acquaforte bravissimo’ (Vaccaj, 1922-23, p.452). Sconosciuta la data di nascita, essa viene riferita, sulla base esclusiva di alcune notizie indirette (Allegretti, 1996, pp. 46-47), allo scorcio del XVI secolo. Tanto più che egli doveva vantare una esperienza artistica già consolidata nella primavera del 1621 quando, insieme ad altri artisti locali, decorò gli archi trionfali allestiti a Pesaro per festeggiare le nozze di Claudia de’ Medici e Federico Ubaldo Della Rovere, unico figlio del duca urbinate Francesco Maria II, premorto al padre due anni dopo in circostanze misteriose (Macci, 1622, pp. 1 Bonamini, 1996, pp. 118-12 Vaccaj, 1922-23, p.453; Brancati, 1985, pp. 320-321)”.

L’abilità professionale e l’apprezzamento riservato a Mingucci “traggono comunque ulteriore conferma dalla collaborazione a Roma, nel periodo 1625-1627, con il famoso pittore Giovanni Lanfranco, gravitante nell’orbita barberiniana, impegnato ad affrescare la cupola di S. Andrea della Valle”.

Che si tratti proprio di lui lo conferma una data precisa. “Il manoscritto Barberiniano Latino 4434, reca il significativo titolo ‘Stati, Dominii, Città, Terre e Castella dei Serenissimi Duchi e Prencipi Della Rovere’ e comprende carte e vedute di centri del Ducato di Urbino, ritratti con raffinata eleganza ‘dal naturale’ a penna, acquerello e tempera. La dedica, datata 2 aprile 1626, lo qualifica come un omaggio offerto al papa Urbano VIII (Maffeo Barberini) vivamente interessato a riannettere alla Santa Sede lo Stato roveresco”.

L’acquerello “sammarinese” si caratterizza per una “dimensionalità” quasi verticale e per una zoomata sulle Tre Torri, tutte impreziosite da una piuma.

La veduta sembra “presa” dal lato Monte Carpegna (sul fondale difatti non si notano le montagne ma la pianura e quindi la Riviera romagnola) e si focalizza sulla “parte alta” della Repubblica. La prospettiva e le distanze non sono pienamente rispettate, ma non è un fattore così importante: più interessante è capire come era dislocata l’urbanizzazione. Sulla sinistra, sotto la Prima Torre, spicca la Basilica del Santo mentre in basso si può notare la Porta di Città. Alla base del Monte una cinta muraria che termina, in basso a destra, con una bussola. Sotto la Seconda e la Terza Torre il “verde”, quindi le piante, quasi “terrazzate”.

Scrisse Maria Antonetta Bonelli su questa stampa: “Mostra una visione della città, guardata e protetta da buona difesa edificata sull’alto delle torri, e di un nucleo abitativo raccolto. Il tutto inserito in un paesaggio naturale, solenne e maestoso, nel quale è determinante l’influenza dell’uomo che lo ha abitato e trasformato”.

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