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Ciao Pablito, eroe di Spagna ’82 e del capolavoro teatrale di Davide Enia

da Redazione

Si è spento a 64 anni Paolo Rossi, bomber del mondiale della terza stella e protagonista del monologo dell’attore e drammaturgo palermitano.

g 1982 07 06 Italia batte Brasile e va in semifinale mondiale mediagallery-fullscreen

 

di Alessandro Carli

 

“E al novantesimo minuto: punizione da sinistra p’u Brasili. A batterla ci va Eder, giocatore tutto mancino che colpirà la palla di esterno sinistro dandoci al pallone un effetto in senso antiorario che vale a dire che tu basta che spizzicullìi ‘a palla di tìesta e ìdda parte veloce e implacabile per ficcarsi in gòlle come freccia assassina crudele. Eder pìgghia a rincorsa e calcia… e Dino Zoff il quarantenne si vede una montagna di carne umana saltarci dirimpetto… tutta fatta di maglie azzurre e verde-oro… e nota, con disappunto, che ad acchianàre cchiù in alto di tutti è ‘ù giocatore d’u Brasili che si chiama Oscar, che pìgghia ‘a palla di tìesta…”.

In origine fu la sua dimensione più naturale, quella del palcoscenico, esattamente 18 anni fa, nel 2002. Poi – “per chi se lo fosse perso” – l’edizione cartacea. Ha compiiuto 10 anni la perla delle perle, un volumetto che dovrebbe entrare in tutte le case degli italiani per essere letto e poi riposto nelle scansie preposte della sala da pranzo o della camera da letto (ma va bene anche nello studio). Si intitola Italia-Brasile 3 a 2 ed è stato scritto dall’ottimo Davide Enia. La Sellerio lo ha pubblicato solamente nel 2010, ma ve bene così: davanti ai capolavori il tempo si riduce a una convenzione, o poco più.

Italia-Brasile 3 a 2 è un monologo prodotto da Santo Rocco e Garrincha, compagnia fondata con il produttore-organizzatore Luca Marengo e racconta, com’è facile intuire, la rievocazione scenica della partita di calcio tra Italia e Brasile ai Mondiali del 1982 di Spagna. Enia racconta, minuto per minuto dal soggiorno di casa, l’incontro del 5 luglio 1982, la partitissima che aprì la strada all’Italia campione del mondo. Non solo le fasi altalenanti e febbrili dello scontro di due leggendarie nazionali di calcio, dal primo gol di Paolo Rossi all’ultima parata di Zoff.

“In ddù momento di sconfitta totale Dino Zoff sente addosso tutta la vecchiaia del proprio corpo portiere: artrite, sciatica, reumatismi, sciatalgia… allora prova a cercare cu l’occhi qualcuno che ci dà n’antiìcchia di fraterno conforto in ddù momento di suprema perdita, ma con la cararatta ‘un ci vede ‘bbùono… annàgghia poi giusto giusto lo sguardo di Paolorrossi… è una taliàta breve, ma intensa assai. “Dinuzzo”, ci fa Pablito, “io di gòlle nni fìci tri, tempo di farne un quarto un cci nn’è… chi ‘ffà?… ti jècchi e pari ‘stu palluni o hàve ‘a continuare a tampasiartela, curò?”. ìddu Zoff, dall’alto dei suoi 40, distilla suddetta perla di saggezza: “Minchia: ìddu hàve raggiòne”. E s’attùffa e cància completamente espressione in volto: ‘un pare cchiù un cristiano sano di mente ma un fuòdde, con un unico compito nna vita: pigghiàre ddù arrùso d’u pallone, susìrisi e dire al mondo intero: “Picciòtti, c’è pìcca ‘i fare: stavolta vinciàmu noiàutri”. Davide Enia.

Il vero protagonista è il gruppo di parenti e amici che, stipati di fronte al nuovo apparecchio TV a colori acquistato per l’occasione, vive i 90 minuti della sfida tra riti, scaramanzie, esaltazioni, depressioni, imprecazioni e devozioni. Italia-Brasile 3 a 2 è un vero e proprio “caso” teatrale. Monologo portato in giro per i teatri d’Europa, riesce a passare con l’elegante velocità di un tiro al volo dai comici microeventi del tinello palermitano a drammatiche partite in cui letteralmente ci si giocava la vita.

Gli spettacoli cosiddetti “belli” (e Italia – Brasile 3 a 2 di Davide Enia, ospitato in piazza Ganganelli in occasione del Festival 2003 di Santarcangelo di Romagna è davvero un sublime viaggio nel Belpaese pallonaro) in realtà “non hanno tempo”. Perché, nella memoria collettiva dello Stivale, “Il Mondiale” è sempre e ancora quella di Spagna, 1982, l’epopea di un’Italia che lasciava gli Anni ’70 per entrare nel nuovo decennio. Ci sono motivi sociologici, dietro, più tondi e pesanti di una sfera di cuoio. Il “cunto” – che di cunto si tratta – è un trattato di memorie, di racconti sentiti, di colori e storie che si intrecciano alle storie. Alla Storia. Lo spettacolo muove da un breve riepilogo dei fatti accaduti quell’anno: da Vasco Rossi a Sanremo all’omicidio La Torre, dal prezzo della benzina all’avvento del colore nella tv di casa. Proprio attorno a un nuovo, e bellissimo, Sony Black Triniton si raccoglie la famiglia del protagonista: ognuno con i propri riti, con le proprie scaramanzie, con i propri gesti: il padre (vestiti mai lavati, per tutte le partite della squadra nazionale), la madre (accarezzava quasi tutto il tempo la testa del piccolo Enia), le sigarette nazionali dello zio, il caffè “che quando l’Italia ha segnato il suo primo gol ai mondiali in Spagna c’era chi stava bevendo un caffè”, la scaramanzia, i numeri del lotto (1-48-90) lì dove l’1 è l’Italia, il 48 “morto che parla” (Paolo Rossi) e 90 la paura, la grande paura. Il grande Brasile. Eder, Junior, Socrates, Falcao. E qui l’omaggio: Enia cambia nome e imitando Carmelo Bene, snocciola la definizione: Falcao, “il più grande giocatore al mondo… senza mondo” (lì dove il secondo “mondo” è il pallone). Si ride, ma con la mente, e con il cuore pieno, che quando la divagazione tocca le corde del cuore, le parole si fanno sasso, lama, martello e polveriera: Garrincha, il giocatore del Brasile Anni ’50 azzoppato da una malattia che gli aveva regalato una gamba più corta dell’altra, 6 centimetri 6, mica uno sputo, prova te a vivere e giocare a calcio con una gamba lunga e una corta. Il passerotto Garrincha morto, dimenticato e povero, mezzo alcolizzato nel 1983, che ha avuto giusto il tempo di vedere la partita, e piangere. O l’eroica fine della squadra del Dinamo Kiev, sterminata dai nazisti nel 1942: Tusevich, mica Dino Zoff e i suoi 40 anni, che viene fucilato. Un uomo avrebbe chiuso gli occhi. Lui – e Davide Enia – no: l’istinto è l’istinto, e non lo puoi fermare, e Tusevich si tuffa, e para il proiettile con il cuore.

 

(Paolo Rossi se ne è andato il 9 dicembre, all’età di 64 anni. Questo pezzo è il nostro modo per ringraziarlo per le emozioni che ha dato all’Italia soprattutto nel 1982).

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