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Business Plan, scelta sostenibile? Già Seneca avvertiva a non farsi trascinare dall’opinione

da Redazione

L’analisi di Enrico Gaudenzi, Chief Financial Officer per primarie aziende industriali e di servizi, già docente di Matematica finanziaria per l’Università di Bologna.

Enrico Gaudenzi new

 

di Enrico Gaudenzi

 

Diceva il filosofo latino Seneca che “spesso nel giudicare un argomento ci lasciamo trascinare più dall’opinione che non dalla vera sostanza dell’argomento stesso”. La complessità del sistema economico e l’attuale emergenza sanitaria impongono un ripensamento di qualsiasi gestore d’azienda e il business plan diventa uno strumento imprescindibile per l’attività di un imprenditore. Il pensare comune è che il piano finanziario serva solo per l’esterno e quindi per ottenere risorse per investimenti o progetti da parte di istituti di credito o investitori. Ma la vera sostanza di questo mezzo di analisi è capire quale sarà la strategia per avere stabilità e quindi un’ottica futura vista dall’interno dell’azienda: la percentuale di equity che ci aspettiamo a fronte di un investimento, la direzione nel tempo della nostra crescita e come si modificano i numeri e la marginalità per poter meglio gestire la suddivisione dei compiti della squadra. Cosa significa business plan? E’ un documento dove vengono spiegati tutti gli obiettivi futuri e strategici e come la missione dell’imprenditore sarà sostenibile per crescere. Come si redige? Possiamo redigerlo dividendo due macro aree: qualitativa e quantitativa. Nella parte qualitativa va analizzato in modo descrittivo il mercato di riferimento, l’offerta esistente e le strategie per conquistarli. Bisogna focalizzarsi in questa fase sulla “visione” del business in esame e sulle sue caratteristiche. La parte quantitativa sviluppa le previsioni economico finanziarie e quindi la stima dei ricavi e costi da un lato e quella degli impieghi e delle fonti dall’altro. In questa area bisogna concentrarsi sulla simulazione di un conto economico e di un conto patrimoniale né troppo sintetici né troppo analitici: non parliamo di budget ma parliamo della messa a punto di valori dove poter individuare il pareggio o il punto di rottura della mia attività. Un modo per dare sfogo all’intuito, ma anche alla razionalità. In ultima analisi il mio business plan deve prendere in esame i costi leggendoli come fissi (se l’ammontare è indipendente dal fatturato) o come variabili (se l’ammontare è direttamente proporzionale al volume d’affari). E’ importante analizzare anche i ricavi in base ad una ipotesi di vendita del direttore commerciale o imprenditore, ma molti analisti sono concordi nel non costruire la struttura dei costi sulla base dei ricavi perché il rischio è di lasciarsi trascinare arbitrariamente e non rispecchiare la realtà. In questo forse Seneca aveva ragione.

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