Home FixingFixing Lo scrittore Ernest Hemingway non ha dubbi: “E’ molto meglio essere allegri”

Lo scrittore Ernest Hemingway non ha dubbi: “E’ molto meglio essere allegri”

da Redazione

Significa avere “l’immortalità mentre si è ancora vivi”. La vera contentezza è cosa viva come l’agricoltura. Parola di Chesterton.

Hemingway

 

di Simona Bisacchi

 

Le persone contente stupiscono. Forse un po’ infastidiscono pure. E a volte mettono addirittura paura.

Succede quando all’allegria non si è più abituati. Quando si considera superficiale tutto ciò che non è problematico. E quando davanti ai problemi non si vede via d’uscita.

Così se in lontananza si ode una risata, il primo pensiero che viene in testa è “non c’è proprio niente da ridere”. Purtroppo è vero. Ma bisogna comunque trovarlo.

Un cuore appesantito non ci vede chiaro per niente. Una testa annebbiata da pensieri mortiferi è incapace di essere lucida. E quando le idee sono confuse, il corpo non sa più dove andare, non sa più quale strada prendere. Perché senza un po’ di contentezza dentro, senza l’entusiasmo, si brancola nella sopravvivenza.

“È molto meglio essere allegri, ed è anche il segno di qualche cosa: è come avere l’immortalità mentre si è ancora vivi. Una cosa complicata” scrive Ernest Hemingway, in “Per chi suona la campana”. Quando gli ostacoli sono tanti. Quando le incertezze personali si mischiano a quelle mondiali. Quando ti sembra di aver fatto e dato tutto, ma ancora la situazione non funziona. Bisognerebbe fermarsi. Inchiodare. Scoppiare in un pianto, eventualmente. Ma subito dopo lavarsi la faccia, fare un respiro e cominciare a cercare. Perché un motivo per reagire c’è. Ci deve essere. E se si trova, se si scova, cambia il tempo fuori dalla nostra finestra mentale. Cambia l’umore nel petto. Cambia il modo di vedere tutto ciò che c’è intorno. E la paura diventa speranza. E viene una gran voglia di rimboccarsi le maniche, ancora una volta. Anche questa volta. La contentezza non è il possedere qualcosa che rende felici. Non è avere un motivo per ridere. La contentezza è una forza, intrinseca, intima. È percepire il bagliore caldo di una candela mentre i fari ti accecano. Se ne sta nascosta, perché a volte è meglio essere invisibili se non si vuole rischiare di essere il bersaglio da abbattere.

“La vera contentezza è una cosa attiva come l’agricoltura. È la capacità di tirar fuori da una situazione tutto quello che contiene. È difficile ed è rara” precisa lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton.

E intanto il mondo cambia, inesorabilmente, a volte tristemente, ma cambi anche tu. Cambi per affrontarlo, senza snaturarti. Cambi e inciampi, arranchi, balbetti, ma cerchi di far fronte agli eventi con tutto il brio a disposizione. Nessuno può rinfacciarti che non eri al tuo posto nel momento della battaglia. Perché la battaglia non sempre sfodera spade di metallo e armi di precisione, ma sa comunque come colpirti. E tu hai schivato i “sentito dire”, hai sfoggiato risate inopportune per i più e tentato riflessioni non imprescindibili ma tue. Hai cercato due briciole di buonumore, quando ne era rimasto meno del lievito al tempo del confinamento. E ti sei stupito perché in tutto il marasma dell’attualità, ti sei dispiaciuto perché è morto Sean Connery che aveva 90 anni e ancora di più per Gigi Proietti che ne aveva 80. Hai pensato che la vita è comunque troppo breve. E che è da inconcludenti arrendersi proprio quando c’è più bisogno di gente – fastidiosamente – allegra.

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