L’analisi di Enrico Gaudenzi, Chief Financial Officer per primarie aziende industriali e di servizi, già docente di Matematica finanziaria per l’Università di Bologna.
di Enrico Gaudenzi
Quando penso ad un magazzino l’immagine è quella di tante scansie con oggetti ordinati e divisi per categoria. Ma il primo input visivo inganna: le rimanenze di magazzino spesso non sono posizionate nello stesso ambiente e non solo su delle scansie. Sono tutti i beni acquistati da una azienda che servono alla produzione o che vengono destinati alla vendita, ma che in sede di chiusura di esercizio sono rimasti in giacenza senza generare valore. Quindi se oggi guardo cosa c’è nelle scansie posso vedere quello che ancora devo vendere o meglio la scorta di magazzino cioè lo stock di “sopravvivenza” che mi serve per onorare i miei impegni verso il cliente sommato alla pianificazione di incremento vendite. Posso vedere in produzione materie prime e quindi componenti per la produzione in attesa di trasformazione, materie in corso di lavorazione cioè semilavorati il cui processo produttivo non è ancora terminato. Così come posso vedere nel magazzino prodotti finiti quelli ottenuti in seguito al processo produttivo e quindi di mia fabbricazione. Inoltre merci che sono tutti i beni acquistati e rivenduti senza subire rilevanti trasformazioni. Il valore di tutti questi beni può essere calcolato con diversi metodi (LIFO quando le quantità acquistate o prodotte più recentemente vengono vendute o usate per prime, FIFO quando vengono venduti i prodotti nell’ordine di come sono stati acquistati e media ponderata cioè il costo medio di tutti gli articoli acquistati durante un periodo). Il LIFO viene di norma usato per grandi quantità di magazzino (ad esempio chi ha depositi esterni ed interni) mentre il FIFO permette di avere a fine anno rimanenze pari al valore degli ultimi lotti acquistati e questo aiuta la valutazione. Per calcolare la variazione delle rimanenze devo sommare le rimanenze ad inizio anno agli acquisti ed omettere il valore di quelle a fine anno (tutte calcolate con lo stesso metodo di valutazione). Come analizzo il rapporto tra liquidità/flusso cassa e variazione rimanenze? Nel precedente articolo ho soprannominato la cassa il “Re”. Questo perché crea dinamiche importanti sul futuro della mia realtà. Il flusso di cassa si ottiene sommando al risultato economico aziendale la variazione delle dinamiche patrimoniali (che contengono anche l’investimento in rimanenze). Il valore economico creato dal mio business viene eroso dall’incremento dell’ investimento sulle rimanenze. Quindi l’imprenditore deve pensare al profitto e pianificare l’investimento in rimanenze per poter migliorare l’impatto sulla cassa. Lo può fare guardando i flussi storici se si parla di vendite ripetitive, analizzando la domanda sul mercato di riferimento se si parla di prodotti esistenti, affrontando il rischio di impresa se il settore ricerca e sviluppo ha creato qualcosa di nuovo e innovativo che con meno scorta può marginare di più.