SAN MARINO – Nei giorni scorsi il Lions Club San Marino Undistricted si è recato a Verucchio per visitare il Museo Civico Archeologico allestito nel Convento di Sant’Agostino proprio nel centro storico della città. Con l’occasione la Presidente Federica Bianchi ha ospitato la dott.ssa Bojana Gruska, laureata in Archeologia e Culture del mondo antico e specializzata in Etruscologia, attualmente allieva del Dottorato di ricerca in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di San Marino che, insieme alla guida del museo Alessandra D’Alba, ha condotto i soci del Club attraverso una visita magistralmente guidata alla scoperta dei manufatti della civiltà etrusca che proprio a Verucchio aveva un importante insediamento sul versante adriatico. Infatti Verucchio, alla foce del fiume Marecchia, era situata in una posizione strategica in quanto il fiume, la cui sorgente si trova in prossimità di quella del Tevere, rappresentava una via di comunicazione tra il versante tirrenico e quello adriatico con il suo importante sbocco al mare. La civiltà degli Etruschi viene spesso trascurata, oscurata dalle imprese dei Romani. In realtà gli Etruschi erano un popolo dotato di attrezzature all’avanguardia nella coltivazione e nell’artigianato. I numerosi manufatti di cui è ricco il museo provengono principalmente dalle necropoli rinvenute nei pressi della città. Le tombe erano costruite in modo da ospitare tanti oggetti ritenuti importanti nella vita del defunto. Sono così venute alla luce armi, ricchi corredi di stoffe, oggetti di legno e vasellame in ceramica e in bronzo. Particolare interesse suscitano i monili in ambra a testimonianza dei vivaci scambi commerciali che già a quel tempo avvenivano con il nord Europa. Ma il reperto più sontuoso è il trono in legno preziosamente intagliato con scene di vita nel villaggio, appartenuto ad uno dei più importanti membri dell’aristocrazia locale.
Dopo la visita al museo la dott.ssa Bojana Gruska ha tenuto una relazione sul tema: “A banchetto con gli Etruschi: simposio, danze e dionisismo tra vita quotidiana e ideologia funeraria”. Le aristocrazie delle città etrusche, aperte a contatti e a scambi su scala mediterranea, apprendono precocemente dai Greci le regole del “saper bere”: la pratica del vino istituisce relazioni privilegiate tra i pochi che ne hanno diritto e il cerimoniale del banchetto diventa appannaggio di uno stile di vita elitario che contraddistingue le classi dominanti. L’importanza di questa pratica mondana emerge prevalentemente dai ritrovamenti di contesto funerario poiché la ricchezza delle testimonianze archeologiche rinvenute, rende lo studio delle necropoli un campo di indagine privilegiato rispetto agli abitati per ricostruire i principali aspetti della civiltà etrusca, i tratti salienti della strutturazione sociale e i valori ideologici radicati nella comunità.
Le scoperte più recenti sottolineano un elemento che accomuna la vita e l’Aldilà etruschi: la presenza in entrambe le sfere del banchetto alla greca e più in particolare del simposio, ossia la preparazione e il consumo del vino. Quello del simposio è un tema dalla voluta ambiguità semantica, passibile di più dispositivi di lettura. Se da un lato, il simposio per i vivi è il momento ideale per allacciare relazioni politiche e sociali, dall’altro i corredi funerari e le pitture tombali evocano un repertorio visuale e allusivo carico di vitalità che sembra superare la morte. Banchetto, canti, musica e danze: tutto ruota intorno a Dioniso, indiscusso signore del vino. La piacevole sensazione di ebbrezza e la controllata perdita di coscienza ed equilibrio provocata dal consumo della bevanda diventano metafora di segno positivo per esorcizzare le paure dell’individuo davanti all’incognita del passaggio alla morte. Il passaggio è paragonato a un tuffo in mare, ad una momentanea sospensione nel vuoto da cui è necessario riemergere e tornare all’equilibrio per non perdere la propria identità sociale.