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San Marino Fixing, editoriale: da “inferno in paradiso” al purgatorio

da Daniele Bartolucci

Mentre la decisione dell’Ecofin di togliere le Isole Cayman dalla black list delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali sta alzando un polverone a livello internazionale, sul Titano (e non solo) passa inosservato il fatto che il Monte era ed è un Paese collaborativo.

di Daniele Bartolucci

Mentre la decisione dell’Ecofin di togliere le Isole Cayman dalla black list delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali sta alzando un polverone a livello internazionale, sul Monte Titano (e non solo) passa inosservato il fatto che la Repubblica di San Marino era ed è un Paese collaborativo. Si tratta di una conferma a livello internazionale del processo di trasparenza che il Paese ha intrapreso negli ultimi anni, il cui sforzo viene riconosciuto ufficialmente. Non è necessario ricordare tutti gli interventi, ma basta palesare la portata, epocale, di questi cambiamenti per San Marino. L’etichetta di “paradiso fiscale” aveva infatti gettato nell’inferno più totale la Repubblica e la sua economia, dando la sostanza necessaria alle motivazioni dell’Italia per intraprendere le battaglie che tutti ben conosciamo: dagli scudi fiscali alla black list, con la Guardia di Finanza a pattugliare i confini. Da quell’inferno San Marino ha deciso di uscire, rimettendosi sulla “retta via” come qualcuno aveva diplomaticamente consigliato. Uno sforzo enorme, per quanto molto forzato dall’esterno e forse per questo senza il necessario completamento di quella trasformazione economica, in primis, ma anche sociale. L’aver abbandonato un “sistema”, infatti, non basta: occorre sostituirlo con uno non solo più virtuoso, ma anche sostenibile nel tempo. Ed è ciò che San Marino non sta facendo, o comunque lo fa con molta lentezza. Dall’esterno, però, anche se ufficialmente non c’è più alcuna motivazione, restano molti pregiudizi sull’affidabilità di San Marino. E’ ora di fargli cambiare idea e di uscire da questa sorta di “purgatorio”.

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