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Energia elettrica e gas liberalizzati nell’UE, non a San Marino

da Redazione

L’approccio “monopolistico” continua a penalizzare le imprese, che non possono rifornirsi direttamente sui mercati internazionali al contrario dei propri competitors. A questo si devono aggiungere anche i mancati investimenti nelle infrastrutture “green” come depuratori e impianti per i rifiuti, che aumentano i costi del sistema.

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di Daniele Bartolucci

 

Acqua, luce e gas: non è il payoff di una campagna pubblicitaria, ma potrebbe benissimo esserlo per il sistema sammarinese, che su questi tre pilastri deve costruire il proprio futuro basato sulla sostenibilità – ambientale, ma anche economica -, tema su cui, non a caso, si fonda il Tavolo appena costituito con associazioni di categoria e parti sociali. L’autonomia energetica, per un piccolo Stato con poche risorse naturali, potrebbe apparire utopistica, ma ci sono ampi margini di miglioramento in tutti gli ambiti, se San Marino deciderà finalmente di sopperire alle carenze infrastrutturali (depuratori di acque reflue, impianti di smaltimento e di stoccaggio/smistamento rifiuti, ecc) e normative (liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas, possibilità di installare impianti di cogenerazione industriale, ecc). Di certo, il “monopolio di fatto” esercitato dall’Azienda dei Servizi per quanto riguarda l’erogazione di acqua, energia e, soprattutto, gas, rappresenta già da solo l’approccio con cui San Marino ha affrontato fino ad oggi la questione. In un contesto internazionale dove i monopoli statali sono visti come freni allo sviluppo economico, il divario tra l’antica Repubblica e gli altri Paesi aumenta a dismisura se si guarda agli investimenti (anche pubblici) fatti in tecnologia, impianti e riduzione degli sprechi. Investimenti che a San Marino non si vedono da decenni e che alla fine penalizzano tutto il sistema, anche se, in buona parte, il costo vero e proprio ricade sulle imprese private (basta vedere la tariffa del gas).

 

L’INCONTRO AL MISE SULLE COLLABORAZIONI


Approvvigionamento energetico e Telecomunicazioni sono stati anche gli argomenti al centro del colloquio fra il Segretario di Stato alla Programmazione Economica di San Marino, Teodoro Lonfernini, e il Vice Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Buffagni, avvenuto nei giorni scorsi a Roma. “Un dialogo molto franco e fortemente costruttivo”, spiegano dalla Segreteria, “che ha consentito di affrontare i temi fondamentali nel rapporto fra i due Paesi e che ha registrato una decisa accelerazione per la ricerca di soluzioni ottimali”.

Tra gli aggiornamenti c’è l’avvio del tavolo tecnico relativo all’approvvigionamento energetico, che, secondo la Segreteria “potrà partire già dalla prossima settimana, quando gli esperti dei due Dicasteri potranno confrontarsi e individuare i percorsi più consoni da adottare, nel rispetto delle relative prerogative e opportunità. Già nei prossimi giorni i rispettivi funzionari si rapporteranno per concordare le date di convocazione”. In pratica, dovrebbe essere questione di ore. “Un dialogo sincero”, ha sottolineato Lonfernini, “che produrrà sicuramente opportunità di crescita per entrambi i Paesi, nella consapevolezza dei contributi reciproci che si possono concretizzare. Ho particolarmente apprezzato l’attenzione verso il nostro Paese e la dimostrazione di un’apertura significativa foriera di importanti intese”.

“Sarebbe opportuno”, ha invece dichiarato Buffagni, “pervenire al tavolo tecnico con una visione condivisa della situazione attuale e, dunque, con un propedeutico scambio di documentazione tecnica sui ‘numeri’ del fabbisogno”.

 

IL FABBISOGNO INTERNO E LA “NON COMPETITIVITÀ”

 

Stando agli ultimi dati disponibili (2017, fonte Relazione Economico Statistica allegata all’ultima Legge di Bilancio del dicembre; vedi tabella), i consumi energetici di San Marino sono così suddivisi: 258.001.775 kWh all’anno di energia elettrica importata (quella autoprodotta è di 10.713.815 kWh); 52.236.836 mc di gas naturale importato; 3.717.715 mc di acqua immessa in rete (2.305.440 mc di acque reflue esportate); 16.095 tonnellate di rifiuti prodotte. Numeri importanti per un territorio di così piccole dimensioni come San Marino, ma come noto non si tratta di consumi riferibili unicamente ad utenti privati: la variegata economia sammarinese, che conta centinaia di imprese manifatturiere, infatti, sostiene questi volumi da tempo. Ed è proprio da queste “utenze” che arrivano le maggiori preoccupazioni sul sistema, a iniziare dai costi degli energetici, che si traducono in competitività, o perdita di competitività nel caso in cui siano superiori rispetto alle imprese degli altri Paesi. Per non parlare dell’immagine del Paese stesso: in un mondo globalizzato che premia i comportamenti virtuosi, chi non ne adotta sarà (se non lo è già) giustamente discriminato.

 

I DUE CICLI DA “RICICLARE”: RIFIUTI E ACQUA

 

L’estate appena trascorsa è stata caratterizzata dall’annuncio del Governo e in particolare della Segreteria al Territorio sulla “rivoluzione” della raccolta dei rifiuti, ma al di là delle scelte che la politica ha preso e prenderà, ci sono comunque dei dati di fatto inconfutabili: la percentuale di raccolta differenziata è ancora troppo bassa, la gestione dei rifiuti interna non è ancora efficiente, non ci sono impianti di smaltimento all’altezza, il sistema dipende quasi totalmente dall’esterno con conseguente rischio sia sui costi (i prezzi li decidono altri, ndr) sia sulla chiusura di determinati canali (compreso quello della Regione Emilia Romagna, con cui c’è un contratto firmato e degli impegni precisi da rispettare). Il ciclo dei rifiuti è un esempio pratico, su cui da tempo la politica, le istituzioni e anche gli operatori privati si stanno impegnando.

Anche per quanto riguarda il ciclo dell’acqua la situazione è simile: San Marino non ha riserve di acqua da cui attingere (il progetto del bacino è da troppo tempo nei cassetti, insieme a quelli per la captazione delle acque piovane) e quindi “paga” per portarla a case e aziende. Ma paga anche per rimandare indietro l’acqua che ha usato, attraverso le fognature. Il prezzo è alto per una serie di ragioni, la principale è la mancanza di un impianto di depurazione delle acque reflue, per cui obbligatoriamente occorre utilizzare quelli riminesi.

 

I RITARDI PIÙ EVIDENTI: GAS E COGENERAZIONE

 

Sul fronte degli energetici più comuni, energia elettrica e gas naturale, la situazione è ancora più bloccata. Al di là del “monopolio di fatto” di AASS, infatti, per le imprese la mancata possibilità di approvvigionarsi direttamente sul mercato crea – da anni – una differenza sostanziale con i propri competitors. In particolare quelli italiani ed europei, visto che, solo per citare il caso del gas, San Marino vieta a chi consuma meno di 2 milioni di mc l’anno di approvvigionarsi direttamente sul mercato, mentre in Italia il tetto era stato fissato già con il Decreto Letta a ben dieci volte meno, 200mila mc (tetto sparito, di fatto, con l’avvento del mercato libero). Va ricordato che l’Unione Europea ha deciso già negli anni ’90 del secolo scorso di azzerare i monopoli nazionali e di aprire gradualmente tali mercati alla concorrenza: le prime direttive (primo “pacchetto energia”) sono state adottate nel 1996 (energia elettrica) e 1998 (gas), con recepimento negli ordinamenti giuridici degli Stati membri rispettivamente entro il 1998 e il 2000 (la “liberalizzazione Bersani” del mercato dell’energia elettrica risale infatti al 1999).

Da tempo anche a San Marino le imprese del manifatturiero (il settore che ha tenuto maggiormente durante la crisi economica e anche durante la fase di emergenza sanitaria, dimostrando una forte capacità di creare occupazione, a patto di poter operare e investire almeno come i propri concorrenti esterni) chiedono una liberalizzazione o, almeno, un allineamento agli standard europei, ma sono cambiati i Governi e la soluzione non è ancora arrivata. Non che non ci siano stati dei tentativi: nel primo assestamento di Bilancio di quest’anno, infatti, era stato presentato un emendamento per togliere il tetto dei 2 milioni di mc e concedere a tutti la possibilità dell’approvvigionamento diretto, ma prima che andasse in votazione, ne è stato presentato un altro totalmente opposto che toglieva addirittura la deroga, obbligando tutte le imprese a rifornirsi unicamente da AASS. Forse anche per non creare uno scontro politico (gli emendamenti erano stati presentati da due partiti entrambi di maggioranza) non è arrivato in Aula nessuno dei due e il problema è stato ancora una volta rimandato.

Stesso discorso per l’energia elettrica e gli impianti di cogenerazione: mentre nella vicina (e non certamente leader della green economy) Italia, dove l’autoproduzione di energia elettrica da cogenerazione è considerata rinnovabile ed è incentivata in Italia con il meccanismo dei Certificati Bianchi sin dal 2004, le industrie fanno a gara per investire in questa tecnologia al fine di ridurre sprechi di calore e quindi ridurre anche il loro impatto ambientale, a San Marino sono diversi anni che si attende la norma per realizzare tali impianti a livello industriale. Di fatto, moltissime aziende manifatturiere stanno “sprecando per legge” energia e subiscono costi che altre imprese, fuori dal confine sammarinese, non sostengono più da anni.

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