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San Marino, un “pasto sospeso” per chi è stato messo in ginocchio dal Covid

da Redazione

SAN MARINO – I volontari della Comunità saranno a San Marino il 26 e il 27 settembre per dare un aiuto concreto a chi ha perso tutto a causa della pandemia.

Combattere le nuove povertà con un segno concreto, come una vera comunità: con questa missione i volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) tornano nelle piazze di San Marino il 26 e il 27 settembre con l’iniziativa solidale ‘Un Pasto al Giorno’. Un impegno che, in questa fase difficile, guarda soprattutto a quelli che vengono chiamati “nuovi poveri”, coloro che hanno perso tutto a causa della pandemia di Covid-19 e che fino a poco fa riuscivano a cavarsela seppur in un equilibrio precario. Per molti il coronavirus ha significato proprio questo: nel solo mese di giugno in Italia i cosiddetti “nuovi poveri”, secondo una rilevazione della Caritas, sono stati il 34% del totale di coloro che si sono rivolti alle strutture di sostegno. Persone che riuscivano a garantirsi appena il necessario, l’essenziale, e che ora devono fronteggiare problemi gravi legati alla perdita del lavoro, alle difficoltà nel pagamento di bollette, affitti e mutui, ma anche a disagi psicologici e relazionali. C’è anche chi è stato costretto a rinviare cure e assistenza sanitaria e situazioni che, se prima erano difficili, adesso sono diventate drammatiche.

Proprio per questo diventa ancora più cruciale il contributo di chi si impegna per dare un supporto a tutte queste persone messe a dura prova dalle conseguenze del virus: 1 milione di nuovi poveri in Italia (dati Coldiretti) e una stima di 130 milioni di persone che si aggiungono a chi è cronicamente malnutrito nel mondo (dati Onu/Fao).

“La fame è prima di tutto un’ingiustizia a cui noi della Comunità crediamo si debba rispondere non solo fornendo il cibo, ma anche con le nostre vite – spiegano i responsabili dell’Apg23 – una scelta totalizzante, diversa e basata sul condividere l’esistenza con le persone povere e scansate da tutti. Noi l’abbiamo chiamata ‘Sharing Humanity’, convinti che il punto fondamentale per affrontare il futuro sia legato al sentirsi sempre di più una comunità fatta di persone e vite che si incontrano, condividono e affrontano i problemi insieme. La nostra missione, in questo senso, non si può fermare soprattutto di fronte alle nuove difficoltà emerse con la pandemia, perché non ci sono solo i problemi materiali, ma in questi tempi difficili anche il sostegno psicologico, quella mano tesa che ti fa sentire meno solo, diventa fondamentale. Mai come oggi, dunque, ritorna attuale la prima intuizione di Don Oreste Benzi: aiutare chi ha bisogno, farlo almeno con un pasto al giorno, ma anche offrendo amicizia, diventando famiglia”.

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