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Musica: mezzo secolo senza Jimi Hendrix, il più grande chitarrista di tutti i tempi

da Redazione

Se ne è andato il 18 settembre del 1970 a Londra, al 22 di Lansdowne Crescent. Indimenticabile la sua rilettura dell’inno statunitense a Woodstock.

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di Alessandro Carli

 

Il 18 agosto del 1969 decide di sganciare quattro minuti di bombe. Non prima però di essere incappato in un incidente: la rottura del Mi cantino. Ma lui non ci fa caso: gli rimangono altre cinque corde da incendiare. Bandana che gli fa da corona – era il re, è ancora oggi il re – nella quale, si dice, mettesse gli acidi così che attraverso i pori dilatati del sudore gli entrassero immediatamente e poi inizia a tirare la coda al leone. La Fender Stratocaster ruggisce, sbraita, mostra i denti come gli animali impauriti. Ed emette la sua voce più cristallina, mai conosciuta prima.

 

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Tutte le sue chitarre erano modelli di serie, acquistati in comuni negozi e modificate autonomamente.

 

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Non un pezzo qualunque, sia chiaro: i numeri uno cercano le stelle. The Star-Spangled banner, l’inno statunitense, preso però a cinghiate sulla schiena, a voler ricordare l’ulcera profonda della guerra in Vietnam. Ci butta dentro i rumori delle esplosioni delle bombe e le grida soffocate delle madri che hanno perduto i propri figli nel sud-est asiatico, le unghie delle fidanzate e delle moglie che tagliano le mani, le guance, i polsi. Le sirene di contraerea. Avvalendosi della sua sola chitarra. Come dirà il genio, la fotografia perfetta dell’anima degli States alla fine degli anni Sessanta.

 

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Un anno e un mese più tardi, il 18 settembre del 1970, Jimi Hendrix venne trovato morto nell’appartamento che aveva affittato al Samarkand Hotel di Londra, al 22 di Lansdowne Crescent. La sua ragazza tedesca Monika Dannemann, presente nella stanza al momento del fatto, racconta di come Hendrix sia soffocato da un improvviso conato di vomito causato da un cocktail di alcool e tranquillanti. Non è chiaro se il chitarrista sia morto nottetempo, come asserito dalla polizia, o se fosse ancora vivo all’arrivo dell’ambulanza e sia soffocato durante il trasporto in ospedale a causa del sopraggiungere di vomito in assenza di un supporto sotto la sua testa.

 

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Il primo brano a essere dato alle stampe su 45 giri, nel 1966, fu Hey Joe. Un successo, confermato dai due singoli successivi, Purple haze e The wind cries Mary. Qualche collega ha arricciato il naso, altri invece hanno colto la sua potenza unica, primaria. Nel giugno del 1967 Jimi e la sua band, The Jimi Hendrix Experience, vennero invitati da Paul McCartney al Monterey International Pop Festival: nei 40 minuti dell’esibizione Hendrix sollecitò la sua chitarra in un modo sino ad allora inaudito arrivando a mimarvi rapporti sessuali, suonandola con i denti, dietro la schiena, contro l’asta del microfono e contro l’amplificazione. Al termine dell’esibizione, per sottolineare la sua spasmodica necessità di estrarre nuove sonorità dallo strumento, la bruciò con il gas per gli accendini e la distrusse contro palco e amplificatori in una catarsi di feedback lancinanti.

 

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Il più grande innovatore della chitarra elettrica e del rock, capace di fondere blues, rhythm and blues/soul, hard rock e psichedelia. Nel 1992 è stato introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame.

 

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Sempre nel 1967 esce Axis: bold as love, un lavoro che gli permetterà di proseguire nella ricerca sonora anche nel senso delle variazioni sui due canali di uscita stereo, inoltrandosi ulteriormente verso risultati sonori assolutamente innovativi: il disco fu inoltre interamente registrato con l’accordatura della chitarra diminuita di mezzo tono, espediente destinato a diventare standard nella produzione del chitarrista. Con questo album iniziò a servirsi di corde più grosse, generalmente di spessore 0.10 o 0.11, per dare una maggiore rotondità al suono.

 

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Il mio primo incontro con il suo nome è accaduto nel 1992 grazie a un film di Carlo Verdone, Maledetto il giorno che t’ho incontrato. Bernardo, giornalista romano, si appresta a terminare una biografia su Jimi Hendrix e se ne va in Cornovaglia per intervistare l’unico musicista in grado di rivelargli la vera fine del chitarrista. Il secondo al liceo, grazie al mio compagno di banco, Livio, che mi prestò qualche cd. Il terzo in un negozio di dischi di Rimini che oggi non esiste più, la Dimar, dove ho preso la raccolta con i suoi pezzi migliori.

 

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Fu uno dei primissimi chitarristi a servirsi della distorsione – sotto forma di fuzz – e a conferire una vera e propria dignità melodica al feedback, ritenuto sino ad allora una fastidiosa controindicazione del cosiddetto effetto-innesco dei pickups della chitarra. A lui sono anche riconducibili tra i primissimi e più creativi usi del pedale wah wah. A livello tecnico, i fraseggi erano caratterizzati da un forte virtuosismo sulle scale blues, utilizzando pentatoniche maggiori e minori, approcciandosi a queste con svariate tecniche: Double stop, legati e cromatismi. Utilizzava anche accordi di nona, accordi di nona# (chiamati Hendrix Chord per il largo utilizzo che ne faceva). Una grande innovazione da lui portata fu l’utilizzo di rumori, effetti Larsen e dissonanze.

 

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“La storia di una vita è più breve di un battito di ciglia. La storia di un amore è ciao e addio finché non ci rivedremo”.

 

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Dopo 50 anni, The wind cries Jimi.

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